di Isaia Invernizzi.
Visti da fuori, gli ambulatori e gli sportelli di ascolto che in Italia si occupano della salute mentale degli adolescenti non sembrano molto diversi rispetto a due anni fa: sono più o meno gli stessi, troppo pochi secondo molti addetti ai lavori. Del sostegno psicologico, della prevenzione e dell’ascolto si parlava poco prima e se ne parla poco anche oggi. Visti da dentro, con la percezione di chi ogni giorno ci lavora, le differenze rispetto al passato sono evidenti: i limiti e le mancanze strutturali nella tutela pubblica della salute mentale sono più preoccupanti, perché i ragazzi e le ragazze che hanno bisogno di un’assistenza urgente, con quadri clinici gravi, sono aumentati in modo significativo durante la pandemia.
Non lo dicono solo i dati degli studi nazionali e internazionali, inevitabilmente parziali. L’aumento generale di ansia, depressione, episodi di autolesionismo e tentativi di suicidio è confermato dalle testimonianze di psichiatri, psicologi, medici dei pronto soccorso e operatori sociali.
Ci sono più casi, più gravi, ma soprattutto l’epidemia ha causato un peggioramento generale della salute mentale di ragazzi e ragazze, con conseguenze per tutte le persone tra 12 e 18 anni: chi non aveva problemi ha dovuto affrontare fasi di smarrimento e disagio dovute alle limitazioni della socialità; per chi era già in una condizione critica sono diminuite le possibilità di chiedere un sostegno, e per il sistema sociosanitario è aumentato il rischio di non riuscire a intercettare e in parte anche gestire le richieste di aiuto prima che diventino più difficili da gestire.
Il risultato è che in tutta Italia gli ospedali sono stati costretti ad aumentare i posti letto nei reparti di neuropsichiatria infantile per accogliere un numero di persone che mai si era visto negli ultimi anni.
I dati italiani non sono ancora disponibili, ma le testimonianze dei neuropsichiatri infantili e degli psicologi mostrano che la situazione italiana non è molto diversa da quella di altri paesi dove invece i dati ci sono. Negli Stati Uniti, nei primi sei mesi del 2021 gli ospedali psichiatrici avevano segnalato un aumento del 45 per cento del numero di casi di autolesionismo e tentativi di suicidio tra 5 e 17 anni rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Un’indagine interessante sull’Italia è stata commissionata dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi (CNOP), pubblicata lo scorso ottobre: i risultati si basano sulle risposte di 5.621 psicologi e dicono che durante l’epidemia i pazienti in terapia con meno di 18 anni sono aumentati del 31 per cento.
«La psicopandemia non è una battuta, né una invenzione degli psicologi, è una realtà, ed è a tutti evidente che c’è un’onda lunga di disagio e disturbi psicologici che durerà anni e interessa quote importanti della popolazione», ha detto David Lazzari, presidente del CNOP. «Tra i giovani sino a 18 anni uno su due vive un disagio psicologico e uno su dieci manifesta un disturbo».
I segnali del peggioramento generale sono piuttosto chiari e condivisi tra chi si occupa di questi problemi. Al di fuori di questa comunità, invece, l’allarme sembra essere inascoltato, come molti altri: da due anni ormai l’epidemia da coronavirus sta causando conseguenze concrete e preoccupanti all’assistenza nei confronti di tutti i malati, in particolare le persone che hanno un disagio mentale. Ed è molto complesso capire quali saranno gli effetti in futuro.
Secondo Antonella Costantino, neuropsichiatra dell’infanzia e dell’adolescenza, che fino a ottobre è stata presidente della SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza), la richiesta di interventi per la salute mentale in adolescenza è in aumento da almeno dieci anni e considerando tutti i disturbi, anche i più lievi, riguarda moltissime persone, tra il 12 e il 20 per cento della popolazione.
Con l’arrivo della pandemia e delle restrizioni, il ritmo di crescita è stato maggiore rispetto agli anni precedenti: «Abbiamo visto ansia e depressione generalizzata, e un aumento nettissimo degli autolesionismi di tutti i tipi, disturbi dell’alimentazione, aggressività. La situazione è peggiorata in generale: ragazzi e ragazze arrivano da noi più tardi, con sintomi difficili da gestire. Sono mancate molte delle risorse sociali e aggregative che di solito aiutano a intercettare questo disagio. La fascia d’età dell’adolescenza è stata molto trascurata negli ultimi due anni».
L’adolescenza è già di per sé una fase di vita piuttosto complessa, un’età di grandi cambiamenti e trasformazioni, in cui ragazzi e ragazze sono chiamati a ridefinire la propria personalità e i propri valori. È considerata, soprattutto dai genitori, un periodo misterioso e incontrollabile.
Capire i comportamenti non è semplice, scrive la psicologa Serena Pierantoni, perché spesso gli adolescenti sono lunatici, si comportano in modo bizzarro, apparentemente inadeguato, tendono ad adottare comportamenti rischiosi e si lasciano trascinare dal gruppo: «Per molti anni l’adolescente è stato descritto come sofferente, violento, antisociale, sollecitato dai media e dalla televisione. Oggi è possibile dare al fenomeno dell’adolescenza una spiegazione più complessa e completa, che tiene conto anche delle modifiche che avvengono a livello cerebrale».
Gli studi degli ultimi anni hanno consentito di spiegare meglio i cambiamenti che determinano la comparsa di quattro caratteristiche mentali, definite dal neuropsichiatra americano Dan Siegel: la ricerca di novità, il coinvolgimento sociale, la maggiore intensità emotiva e l’esplorazione creativa.
L’epidemia ha sconvolto queste caratteristiche, in particolare il coinvolgimento sociale che consente agli adolescenti di formare un’identità attraverso la relazione con i compagni, come un riflesso in cui rivedere le proprie paure e perplessità. Se in molti casi queste relazioni possono portare a comportamenti pericolosi per ottenere l’approvazione del gruppo, allo stesso tempo i legami creati possono diventare un sostegno essenziale nel corso della vita.
scritto da Isaia Invernizzi, pubblicato in il Post del 16 gennaio 2022
sintesi di Alessandro Bruni
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