di Roberto Mancini. Filosofo, il bene sociale come stile di vita.
Il grande cammino. È la traversata del deserto tipico della società attuale, preda della logica distruttiva del potere e del capitale. Il mutamento più profondo resta quello spirituale e culturale. È spirituale in quanto orientato al senso vero della vita, che è la vita stessa purché sia accolta come comunione tra tutti i viventi. È culturale in quanto capace di rigenerare la cultura come sorgente della creatività umana, dunque della nonviolenza in tutti i campi. Al tempo stesso il mutamento che fa da motore della transizione è quello politico della democratizzazione. Perché i governi, le loro federazioni mondiali e continentali, i parlamenti e le istituzioni politiche locali sono organi di sintesi della tendenza di un’intera società. Non avremo né la svolta ecologica né un’economia giusta senza il mutamento spirituale e culturale e senza quello politico. Non possiamo coltivare il futuro limitandoci agli appelli, alle petizioni, ai flash mob, ai gesti simbolici.
Ma quali sono gli attori del grande cammino? In teoria tutti: singoli, associazioni, movimenti, reti, sindacati, partiti, parlamenti, governi, enti locali, comunità religiose, imprese. Ma i primi protagonisti sono le comunità locali trasformative e i movimenti democratici popolari. Si tratta di due tipi di soggetti che sono indispensabili per rinnovare la condizione dell’umanità e della natura perché sono i più adatti a praticare la politica come relazione e non come potere. Le comunità locali trasformative sorgono attorno a un progetto di democrazia ecologica integrale in un determinato territorio: una città, una provincia o una bioregione dove si integrano le caratteristiche dell’ambiente naturale e degli insediamenti umani. Ciò accade quando molti soggetti sociali di quel territorio, dalle associazioni all’istituzione amministrativa locale, si impegnano a realizzare il progetto mediante il metodo di una partecipazione forte di conoscenze avanzate ed eticamente orientata al bene comune.
Si attiva così una soggettività plurale, stabile e coesa, capace di contrastare la disgregazione nei luoghi e nel vissuto quotidiano delle persone, conferendo qualità democratica e progettuale alla loro convivenza. I movimenti democratici popolari, a loro volta, svolgono un’azione per certi versi analoga sul piano delle regioni, di una nazione o anche sul piano transnazionale. Nascono da un progetto di democratizzazione della politica e della società. Si caratterizzano per il fatto di assumere obiettivi, adottare un metodo d’azione e promuovere una tipologia di persone estranei alla logica del potere. Potenzialmente rappresentano la radicale ridefinizione del partito tradizionale, configurando piuttosto un soggetto che sa essere sia sociale e culturale che istituzionale. Affinché i movimenti popolari si sviluppino è necessario che siano ispirati da un pensiero ecologico integrale, democratico e anticapitalista, che siano realmente interpreti della vita dei popoli e della cultura del bene comune, che non siano puramente rivendicativi.
scritto da Roberto Mancini, pubblicato in Altreconomia del 1 gennaio 2022
segnalato da Alessandro Bruni