di Marco Cattaneo.
Pensavo di essermela cavata bene, tutto sommato. Mi sembrava che quell’anno senza cene con gli amici, eventi pubblici in presenza, cinema, teatri fosse trascorso senza grandi traumi. Poi è arrivato maggio.
La primavera, il vaccino, la speranza. E, da settembre, un pur timido ritorno a incontrare gli altri. Solo a quel punto ho cominciato a realizzare consciamente quanto un anno di relativo isolamento avesse lasciato il segno. Immagino che per molti non sia andata diversamente. Anche per chi, nonostante le restrizioni, è riuscito comunque a coltivare una parvenza di vita sociale.
Non c’è bisogno di scomodare Aristotele, che già 2400 anni fa nella sua "Politica" descriveva l’uomo come un animale sociale, perché tende per natura ad aggregarsi con altri individui e a costituirsi in società. Lo sappiamo tutti che abbiamo bisogno dei legami, in ogni stagione della nostra vita. Si tratta di una rete sociale "che tessiamo durante tutta la nostra esistenza e che in qualche modo rappresenta una rete di sicurezza, grazie alla quale troviamo la fiducia necessaria per intraprendere una vita attiva in seno alla società", scrive Rebecca Shankland a pagina 24.
In una società che esalta l’individualismo e lo spirito di competizione, gli psicologi vanno sempre più raccogliendo prove della centralità delle relazioni sociali. Che non influenzano solo il nostro benessere mentale, ma anche la salute fisica. Secondo alcune ricerche, i legami hanno un ruolo di protezione rispetto a diversi disturbi mentali ma in generale ci rendono meno fragili. E questo vale a ogni età, dall’infanzia alla vecchiaia. Perché, scrive ancora Rebecca Shankland, il legame sociale "rafforza l’impressione che la vita abbia un senso e il sentimento di soddisfazione generale". Ma contribuisce anche a una migliore regolazione delle emozioni e sembra importante per misurare l’autocontrollo, rendendoci meno vulnerabili alle dipendenze, per esempio. Tanto che la qualità delle nostre relazioni sociali – raccontano Catherine Haslam, Niklas Steffens e Rolf Van Dick a pagina 38 – è risultata il principale fattore predittivo di benessere a 80 anni, più del colesterolo o della presenza di malattie croniche.
I legami, d’altra parte, sono a doppio senso, scrive Christophe André a pagina 30, spiegando i benefici che comporta l’accettare di buon grado il nostro essere reciprocamente dipendenti gli uni dagli altri. "Siamo interdipendenti perché siamo vulnerabili, male equipaggiati, biologicamente, a esistere in quanto individui solitari: scimmie nude, senza artigli, senza zanne, senza corna, senza carapaci, con una limitata forza muscolare...".
E in una visione raffinata della citazione aristotelica chiarisce che "contrariamente a quanto affermerebbe un diffuso fraintendimento del darwinismo, la “legge della giungla” che ci ha consentito di sopravvivere in un ambiente ostile non è affatto la competizione, bensì la collaborazione". Al contrario di quanto avviene con l’individualismo, l’egoismo e il narcisismo che segnano le società moderne.
Reduce dalla lettura del dossier sulle relazioni che pubblichiamo in questo numero, alla fine di novembre ero a Bari, per un bel festival della sostenibilità. E lì, tra vecchi amici e incontri inaspettati, sono nati nuovi legami. Che ho guardato con occhi diversi, e spero mi accompagneranno per tutti gli anni a venire. A cominciare da questo 2022, che auguro a tutti più sereno e ricco di affetti, vecchi e nuovi.
scritto da Marco Cattaneo, editoriale del n.205 di Mind di gennaio 2022
segnalato da Alessandro Bruni