di Domenico Barrilà. Psicoterapeuta adleriano.
Entriamo nella settimana che include la Giornata della Memoria, rimanda al 27 gennaio del 1945. Quel giorno l’Armata Rossa entrò nei campi di concentramento di Auschwitz, scoperchiando l’abisso più profondo della storia dell’umanità.
Fu il nostro paese, con una legge del 2000, a istituirla. Cinque anni dopo le Nazioni Unite, attraverso una risoluzione, l’avrebbero universalizzata.
Quest’anno la nostra testa è presa da altro. Anche lo scorso anno lo era, per le stesse ragioni. Probabilmente, avremo poco tempo, scarsa disposizione d’animo, e faremo meno memoria o forse non ne facevamo a sufficienza già negli anni scorsi, pensando o illudendoci di farla, perché per ricordare non basta una ricorrenza.
Il punto è come ricordare, perché il ricordo non è un semplice esercizio di memoria.
Occorre un investimento personale, che solitamente non c’è, perché si tratta di un rito collettivo, che possiamo fare diventare anonimo, delegando al nostro vicino, che a sua volta delega al proprio, e così via. Alla fine, crediamo di avere ricordato, ma non è così.
scritto da Domenico Barrilà, pubblicato nel blog dell'autore il 24 gennaio 2022
segnalato da Alessandro Bruni
Il ricordo del giorno della memoria di Egidio Cardini pubblicati in Madrugada blogs
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andati ad Auschwitz il primo venerdì di Quaresima. Non lo ha notato nessuno né ho desiderato dirlo a nessuno. Però l’appuntamento più importante del nostro lavoro in Istituto con gli studenti ha acquisito un significato simbolico determinante, perché Auschwitz è, sia in chiave religiosa cristiana che civile, un’immensa Quaresima di conversione e, come tutti i periodi attraversati dal dolore, ...
- La Shoah dentro Francamente non so quale sia stata, in diciotto anni di carriera d’insegnamento, la mia lezione peggiore. Probabilmente ce ne sono state molte e altre arriveranno in futuro. Ricordo invece distintamente quale sia stata la migliore, anche perché le mie lezioni belle non sono poi così frequenti.
Una lezione in silenzio Quando, nel febbraio 2000, ho accompagnato i miei alunni del Liceo Scientifico al campo di sterminio di Sachsenhausen, 30 chilometri ... - Arbeit macht frei Non so perché la mia memoria è tornata in superficie soltanto adesso, visto che sono passati quindici mesi. Sono
stati quindici mesi in cui quella stessa memoria è rimasta poco sotto il pelo dell’acqua o il sottile strato di terra che mi ricopriva. Lo dicevo ai miei alunni di una quinta del liceo scientifico. Se di Auschwitz e di tutto quello che la riguarda perdiamo la memoria, allora Auschwitz torna. Memoria come “mnéme”, cioè ricordo della mente e del cuore e memoria come “mnéma”, cioè segno scolpito, lapide. Ecco, Auschwitz è una lapide, un segno scolpito nel tempo perché si faccia memoria di un evento e se ne tragga non soltanto un insegnamento, ma un atto responsabile e forte di opposizione al male assoluto e di orientamento radicale al bene. Il resto è una chiacchiera. In questi giorni così duri e difficili, dove è quasi impossibile recuperare la speranza del bene e dove tutto pare naufragare dentro un coacervo confuso di rabbie e di odi, mi è tornato alla mente e al cuore quel ricordo nitidissimo e soprattutto si è riproposta Auschwitz nella sua essenza, come una pietra che si eleva dal nulla e che si erge davanti a me e a noi ...