di Oscar di Montigny, pubblicato in Linkiesta del 18 febbraio 2022.
Secondo un nuovo studio pubblicato dalla rivista Science, che si basa sui dati raccolti dal satellite dell’Agenzia spaziale europea Sentinel-5P, la mappa mondiale dei maggiori emettitori di metano vede al primo posto il Turkmenistan seguito da Russia, Stati Uniti, Iran, Kazakistan e Algeria. Si stima che questi grandi emettitori rilascino circa otto milioni di tonnellate di metano all’anno, pari all’8-12 per cento delle emissioni totali generate dall’estrazione e dal trasporto di petrolio e gas. Non sono poche le ricerche che dimostrano quanto i pozzi, le condotte e le infrastrutture per lo sfruttamento dei combustibili fossili siano responsabili dell’emissione di grandi quantità di gas serra. E infatti nel novembre scorso a Glasgow, in occasione della conferenza sul clima Cop26, più di cento paesi si sono accordati per ridurle di almeno il 30 per cento entro il 2030.
Tuttavia, anche in un contesto sociale e politico in cui il tema dei combustibili e dell’energia ha assunto un ruolo di primissimo piano, pur nelle differenti coloriture d’approccio e di vedute, quel che manca da sempre è la consapevolezza che occorre inserirlo in un contesto più ampio, serio, realistico e chiaro, che parta dalla gestione della crisi ambientale prima che dalla risoluzione della contingenza.
Eppure, nei giorni scorsi il plauso e l’esultanza per l’approvazione delle modifiche alla nostra Costituzione si sono levati quasi unanimemente. L’inserimento della tutela dell’ambiente e del principio di giustizia intergenerazionale negli articoli 9 e 41 ha generato reazioni e commenti favorevoli sia nel mondo politico sia in quello civile.
segnalato da Alessandro Bruni