di Andrea Gandini. Economista, analista del futuro sostenibile.
Il gas ha prezzi sia spot (al momento), sia (più spesso) in base a contratti di lungo periodo. In Italia in genere per 2/3 è con contratti a lungo termine; per questo, pur essendo aumentato di 10 volte rispetto al prezzo dell’anno scorso, non è volato ancora alle stelle…ma potrebbe andarci se la guerra continua. Il prezzo del gas era di 15,5 euro 12 mesi fa. Durante l’estate è salito gradualmente a 40 euro, ma poi si è impennato all’inizio di ottobre a 100 euro, quando gli operatori economici hanno cominciato a prendere sul serio le minacce di Putin sull’Ucraina.
Durante l’estate sembrava rientrato il timore ma dopo la mega conferenza di metà dicembre di Putin (molto “esplicita”) il prezzo è salito addirittura a 180 euro, e quando la Russia ha iniziato ad invadere l’Ucraina il prezzo era già sceso a 100, a dimostrazione che il prezzo di dicembre aveva incorporato le aspettative di una guerra. Putin a metà dicembre aveva organizzato una mastodontica conferenza stampa con 550 giornalisti, 20 canali tv in cui aveva ribadito che “la Nato non può espandersi ulteriormente verso Est…è inaccettabile”,… che alla Russia servono garanzie adesso, subito… e che il Cremlino non vuole nessuna guerra, ma non potrà restare a guardare le mosse militari ai suoi confini occidentali. Non possiamo non reagire”.
Il 5 marzo il prezzo del gas è risalito a 160 euro, dopo che era rimasto attorno a 100-130 nei primi giorni dell’invasione avvenuta il 24 febbraio con l’aspettativa (probabilmente) che la guerra fosse breve. L’aumento ci dice che la guerra (così la pensano gli operatoti economici che speculano sui mercati) sarà più lunga del previsto.
Per ora il gas che arriva in Europa dalla Russia (155 miliardi, il 40% dei consumi) è addirittura maggiore di quello di dicembre e nessuno vuole interromperlo come dimostra la non sanzione alla banca russa Gazprombank. Il dipartimento del tesoro Usa ha dichiarato che per evitare il collasso mondiale dei prezzi energetici il pagamento alla Russia “può e deve continuare”, anche se poi si mettono in atto azioni (propagandistiche) come lo sfratto della prestigiosa sede di Londra.
Perché Biden è così preoccupato? Perché una guerra che va per le lunghe potrebbe comportare un forte aumento dei prezzi di tutte le materie prime energetiche, petrolio incluso. La benzina in Usa costa già 4 dollari al gallone (1 euro al litro…là non ci sono tasse – da noi è 2 euro), un prezzo modesto diremmo noi…ma tutto il trasporto Usa è super energivoro e se il petrolio dovesse schizzare a 200 dollari al barile la benzina salirebbe in Usa al nostro livello e Biden rischierebbe di perdere le elezioni di novembre di mid-term…con la benzina in America non si scherza.
La Russia è il 1° esportatore mondiale di gas (250 miliardi all’anno, di cui 155 in Europa), seguono gli Usa che esporta 140 miliardi (di cui 60 a Canada e Messico ma solo 25 in Europa) gas di fratturazione (molto più inquinante e costoso di quello russo che arriva per nave e che comunque non può crescere più di tanto perché mancano i rigassificatori). Il 3° esportatore mondiale è Qatar con 30 miliardi all’Europa ma non è in grado di darcene altro perché impegnato con Cina e Giappone a lungo termine.
L’Italia importa dalla Russia 29 miliardi di gas (38% dei nostri consumi -76 miliardi nel 2021-). In Europa in realtà solo noi e Germania rischiamo grosso perché gli altri paesi sono poco dipendenti dalla Russia e i paesi dell’est (che lo sono) sono piccoli e possono trovare più facilmente alternative. Se diamo fondo a tutte le alternative arriviamo nel prossimo inverno a 10-14 miliardi in più: 2 miliardi dalla produzione nazionale, 2-3 dai rigassificatori, 4-6 dal gas Algerino, Libico e Tap, 2 dal carbone. Significa che ci mancheranno circa 15 miliardi di gas (20%). Il più probabile viene dall’Algeria grazie alla visita di Mattarella del novembre scorso (la prima dopo 18 anni), quello dal carbone comporta però 20 milioni di tonnellate aggiuntive di Co2 con l’addio alla lotta al riscaldamento globale e sempre sperando che dalla Libia riprenda poiché ora è fermo per le lotte intestine tra i due Governi, lascito del gravissimo errore di aver invaso la Libia nel 2011 che aveva un dittatore come Gheddafi ma che garantiva pace e prosperità alla sue tribù alle quali elargiva 10mila dollari all’anno coi proventi del petrolio. Rimane misterioso il motivo della sua destabilizzazione visto il caos che ci siamo auto inflitti (o che ci ha inflitti la Nato/Usa) con la colpevole iniziativa di Francia e Gran Bretagna.
La Russia produce una infinità di materie prime (come Ucraina) tra cui il 35% dell’uranio arricchito per le centrali nucleari, il 18% del carbone, alluminio, zinco, nickel (che serve per le batterie) che come prezzi sono ai massimi livelli degli ultimi 20 anni e che farebbero naufragare la transizione energetica verde, se la guerra dovesse continuare per molto tempo.
Negli ultimi 20 anni la globalizzazione ha intrecciato le filiere produttive e i destini di quasi tutti i paesi e una guerra di lungo periodo con la Russia sarebbe devastante per tutto il mondo producendo recessione e inflazione (la nostra è già al 6%). In questi giorni i nostri media parlano di fallimento prossimo venturo della Russia condannata da 141 Paesi all’Onu, ma non dobbiamo dimenticare che sono 52 i paesi che si sono astenuti o non hanno votato la risoluzione di condanna (Cina, India, Pakistan, Vietnam, Bangladesh, Senegal, Sud Africa,…) che contano oggi il 55% della popolazione mondiale. Un accordo con la Russia conviene a tutti (specie all’Europa) ed era intelligente farlo molto prima anche per evitare una pericolosa saldatura Russia-Cina-India-Africa. Molti esperti dicono che Putin è un cadavere che cammina, me lo auguro, ma in base alle mie modeste conoscenze economiche non ne sarei così sicuro, ecco perché occorre una trattativa immediata (non armi) in cui l’Europa svolga un ruolo decisivo.