di Andrea Gandini e Rita Tagliati.
C’erano una volta le aziende pubbliche di servizi: le municipalizzate per gas, acqua, pattume, trasporti. Lo scopo era di garantire l’erogazione di servizi pubblici efficienti e vantaggiosi per i cittadini, facendo pagare il giusto agli utenti-clienti. Certo molte cose potevano essere razionalizzate ed infatti si pensò di farlo ingaggiando operatori più grandi ma pur sempre controllati dai Comuni.
Poi le società si quotarono in borsa e diventarono sempre più colossi, sempre più privatizzati (Hera spa è un esempio) e così lo scopo è divenuto il business: profitti soddisfacenti. Hera fa tante cose positive per la sostenibilità ma il primo interesse dovrebbe rimanere quello dei suoi clienti-cittadini.
E qui assistiamo al primo paradosso: i Comuni divenuti azionisti sono più attenti a ottenere buoni ritorni annuali delle loro quote (utilizzate per buone finalità) che non a verificare l’efficienza dei servizi e i prezzi fatti ai cittadini utenti: per esempio fare più investimenti per ridurre gli sprechi dell’acqua della rete e tenere calmierate le tariffe per gli utenti (specie le fasce più povere), che ovviamente comporta minori profitti e meno dividendi dalle azioni.
Per il Comune di Ferrara, che ha venduto quasi tutte le sue azioni, oggi Hera si può “controllare” solo attraverso i contratti di servizio, che incidono sul piccole cose, ma è impotente sulle tariffe.
Persino il costo del riscaldamento da fonte geotermica ha come riferimento il valore di mercato del gas metano, cioè ci si fa forti della conversione al sostenibile, irregimentandola però nel meccanismo dei carburanti fossili.
Nel 2021 Eni ha fatto 4 miliardi di utili e ne farà 14 nel 2022. Hera ha aumentato i ricavi del 49% a 10,5 miliardi di euro, per merito dei settori energy, per le attività di intermediazione, per il gas e l’aumento dei prezzi delle commodities. Il Margine operativo lordo (Mol) è cresciuto a 1,2 miliardi di euro (+9%), per i buoni risultati di energia e rifiuti. L’utile prima delle imposte a 492 milioni (+13%) e l’utile netto a 373 milioni (+15%). In forte crescita anche l’utile degli azionisti che sale a 333 milioni (+10%).
Ottimi risultati, che saranno ancora maggiori nel 2022, ma a vantaggio di chi?
Le famiglie hanno pagato in media di gas 1.320 euro nel 2020, 1.523 nel 2021 e si apprestano a pagarne 3mila euro nel 2022, passando da una spesa di 34 miliardi nel 2020 a 60 nel 2022. Per le imprese l’incremento è ancora maggiore (da 10 a 50 miliardi).
Gli importi abnormi delle ultime fatture Hera vengono fatti passare come conseguenza della guerra Russia-Ucraina. Ma già le fatture precedenti, quando non c’era ombra di sanzioni e ritorsioni, avevano registrato balzi del prezzo del gas a metro cubo (come Enel per l’elettricità). Già dall’ultimo trimestre 2021 ai distributori di carburanti le cifre aumentavano giorno per giorno e dalle fatture di Hera si evince che il prezzo del gas all’ingrosso è aumentato da 0,173 euro al metro cubo di ottobre 2020, a 1,036 di novembre 2021 (e 1,286 di gennaio 2022). Ben prima dell’invasione dell’Ucraina, ben prima che scattassero sanzioni alla Russia, ben prima delle incertezze sulle forniture future.
A noi risulta che i contratti del gas siano per almeno per 2/3 dei volumi a 5 e più anni e che con uno stoccaggio del 90% si tira avanti per 2 anni e mezzo. Perché non si applicano i prezzi pattuiti a suo tempo? Perché lo stoccaggio non è stato fatto? Dov’é l’Europa? Perché mentre cresceva la dipendenza da gas russo (400 miliardi in Europa) e petrolio russo (170 miliardi), un anno fa ben 54 banche d’affari e 164 fondi finanziari speculativi (tutti occidentali) sono entrati nel mercato del gas per speculare? Capiscono la geopolitica prima dei nostri governanti occidentali e delle utility?
E’ vero come ha detto il Ministro Cingolani che c’è una “truffa colossale”? Il Governo è già intervenuto con 15 miliardi di aiuti, ora diminuisce le accise di 30 cent sulla benzina per 30 giorni, consente la rateizzazione dei pagamenti delle bollette e tassa del 10% gli extra-profitti. Bene. Ma se gli extraprofitti attesi nel 2022 sono di almeno 40 miliardi (come dice anche il presidente della Confindustria!), vuol dire che il 90% rimane a carico dei clienti. Ma com’è possibile che i prezzi delle bollette a cittadini e imprese siano fatti in base alle quotazioni del mercato di Amsterdam (Ttf) che è in Europa (!) e non alle reali forniture. Infine nulla si dice su quel 10% di imposta sulle royalty dei prelievi, che fa dell’Italia il Paese più generoso d’Europa verso chi estrae gas dal sottosuolo e dal mare (la Norvegia ha costituito dalla tassa sulle royalty un fondo sovrano che sostiene il suo esemplare stato sociale).
Credo sia giusto sapere a che prezzo Eni e le utility come Hera hanno acquistato il gas (e le compagnie petrolifere che poi lo impongono ai distributori), in modo che sia chiaro a tutti che non ci sono speculazioni. Se poi hanno fatto contratti “spot” per cui applicano il prezzo di mercato corrente, vuol dire che chi fa i contratti deve essere licenziato.
E qualcosa di simile dovrebbe avvenire a livello europeo per l’incredibile mancato stoccaggio.
E’ inaudito che il prezzo di mercato del gas oggi influenzi le bollette che paghiamo, nonostante sia stato acquistato un anno fa a prezzi 10 volte minori. Riscaldamento ed elettricità sono beni vitali per i cittadini e non beni di lusso e le aziende devono servire i propri clienti e non i propri amministratori e gli azionisti.
Ma ENI ed Hera chi sono? Non forse ex-aziende pubbliche passate di mano senza che i rispettivi attuali proprietari ci abbiano messo del proprio capitale a rischio?
Per non doverli considerare gli oligarchi italiani, forse sarebbe il caso che il Pubblico alzasse la voce e riportasse la loro mission a considerare prioritaria la fornitura di servizi essenziali a prezzi convenienti e avviare un nuovo welfare in cui una quota minima di gas e di elettricità sia pagata a prezzo di costo per ogni singolo cittadino in quanto bene primario.