di Andrea Gandini. Economista, analista del futuro sostenibile.
Arnold Toybee, storico e diplomatico fece all’indomani della seconda guerra mondiale una straordinaria sintesi della situazione, descrivendo le nazioni dell’Europa Occidentale come arena del confronto fra potenze non europee e parlava di “distruttivo ritorno sull’Europa stessa dell’ondata di espansione europea sul mondo”. Scriveva Toybee sulla possibile unità degli Europei:
“Ma ‘unione’ è veramente il nome appropriato a questa costellazione di forze che stiamo delineando in anticipo. Non sarebbe più esatto chiamarla ‘disunione’? Poiché se l’Oriente Europeo è destinato ad unirsi alla Russia, sotto l’egemonia sovietica, e se l’Europa Occidentale si unirà agli Stati Uniti sotto la guida di questi ultimi, l’aspetto più significativo della nuova carta che ne risulterà, sarà, per un occhio europeo, la divisione dell’Europa fra queste due titaniche potenze non europee. E non arriviamo pur sempre, in questo modo, alla conclusione che è ormai oltre le forze dell’Europa riconquistare la sua posizione nel mondo, superando quella disunione che è sempre stata il suo danno? Il peso morto della tradizione europea ora si è fatto più leggero di una piuma sulla bilancia della storia, poiché non sarà più l’Europa a decidere del suo stesso destino. Il suo futuro giace ora in grembo ai due giganti che gettano su di lei le loro grandi ombre”.
Questa pessimistica analisi di Toybee non rispecchierà il futuro processo storico che porterà alla dissoluzione dell’Urss nel 1991, ma ha molto da dirci ancora oggi. L’Europa Occidentale ha infatti inglobato quasi tutti i paesi “satelliti” dell’Unione Sovietica e avrebbe coinvolto anche l’Ucraina, la Georgia e altri ancora…se non ci fosse stata la violenta e rabbiosa reazione dell’attuale Russia, che non è più il “gigante” di cui parlava Toybee (anzi economicamente è diventata un nano), ma che rimane sempre un gigante militare che, se si unirà alla Cina, ci potrebbe fare molto male.
Forse l’Europa avrebbe dovuto tenerne conto se voleva ambire ad un ruolo mondiale autonomo (anche dagli Stati Uniti), diventando riferimento per quei paesi non allineati (vi ricordate? Esistono ancora) e polo di sviluppo dialogante sia con il Nord Africa che con la Russia ponendosi, in tal modo, al centro del mondo come polo autonomo tra vari giganti: Usa, Cina, India, domani Brasile, Pakistan, Nord Africa.
Qualcosa infatti nel mondo è cambiato se pensiamo che la ex colonia inglese India ha comprato nel 2008 Jaguar e Land Rover (con Tata) e nel 2006 la più grande impresa siderurgica belga Arcelor (con Mittal Steel), su cui era nata (ironia della storia) la prima comunità europea (quella del carbone e dell’acciaio CECA) nel 1951. Non parlo della Cina che sarà il prossimo gigante del XXI secolo e che ha sostituito il Belgio nelle miniere del Congo e si sta comprando mezza Africa (e anche il 5% delle terre agricole dell’Ucraina). Ma sono molti altri i paesi non europei che, acquistata l’indipendenza nel secondo dopoguerra (circa 40), sono oggi giganti economici in via di formazione. India e Cina avranno nel 2050 circa 1,6 miliardi di abitanti, Nigeria 400 milioni, Pakistan 340, Indonesia 330, Brasile 230, Etiopia 200 milioni, solo loro 7 pari a quasi la metà della popolazione mondiale.
Nel 1988 Gorbaciov disse ai dirigenti comunisti che l’Europa è un gigante di 350 milioni che cresce più di noi e col quale dobbiamo cooperare nell’interesse reciproco…tese la mano ma poi venne la dissoluzione dell’Urss da parte di una banda di privati (oligarchi, da noi si chiamano miliardari) che, ben sostenuta da molti nostri fan occidentali, si impossessò dei principali beni e la Russia sprofondò. Infine arrivò Putin nel 1999 con l’intento di ricostruire la “grande Russia”.
L’Europa dell’euro è nata proprio nella consapevolezza di “mettersi insieme per competere” (quel “tuffo nell’acqua ghiacciata del mercato unico, accettando il rischio di perdere per strada pezzi importanti del sistema”, come disse Ciampi). L’idea guida era che con un mercato comune di 500 milioni di abitanti avremmo potuto competere con gli altri giganti e non più come piccole Nazioni. Nel primi 7 anni dell’Euro l’entusiasmo degli studenti Erasmus e l’attrazione dei paesi dell’Est Europa ci hanno fatto sognare, ma abbiamo fatto un errore: abbiamo pensato che sarebbe stata sufficiente l’economia (che oggi condiziona la politica e non viceversa), la quale (economia) a sua volta si fa guidare dalle risorse tecnologiche e dalla tecnica, supportata dalla finanza. Così lentamente abbiamo perso di vista la “politica” (quella alta) e la società (e con essa l’uguaglianza e i veri diritti) e quanto importante fosse diventare un gigante buono (che aveva molto da farsi perdonare dal suo passato coloniale), ma a cui guardavano con enorme interesse e simpatia sia la Russia che gli altri giganti mondiali (poveri ma in ascesa).
Abbiamo scelto di stare sotto la comoda protezione degli Stati Uniti, ma non è stato “gratis”, abbiamo dovuto subire il dominio della maggiore potenza (allora) mondiale, della finanza anglosassone e un modello sociale liberista che critica l’uguaglianza, l’utopismo francese, l’importanza della religione e dei valori morali tradizionali e che vuole dare nuova importanza alla tradizione anglosassone fortemente basata sull’intrapresa (“business as usual” anche se produce diseguaglianza), per cui oggi si scopre, con un certo sconcerto, che solo una piccola parte (20%) degli occidentali si avvantaggia di questa “crescita”, mentre la restante popolazione (anche quella americana) si sta impoverendo da 20 anni.
E stiamo parlando non dei 5,6 milioni di poveri in Italia, ma dell’80% della popolazione. Ciò che dobbiamo temere come europei non è quindi (in futuro) la “competizione” con la Russia, che non ha alcuna presa sui cittadini europei, i quali si guarderebbero bene dal vivere come un paese povero e dispotico, ma la nuova divisione mondiale che si preannuncia (anche monetaria e la rottura delle catene di fornitura) tra Cina/Russia/India/Pakistan da un lato e Usa/Europa dall’altro che rischia di portare verso un ulteriore impoverimento l’80% degli italiani, in quanto le minori risorse dell’Occidente (tanto più se avanza la lotta al riscaldamento globale) andranno ancora di più ai ceti ricchi, minando la fiducia nelle Istituzioni e nella Democrazia imperfetta (nella quale viviamo).
Questo è il vero pericolo. L’Europa è stata vista per almeno 30 anni come un partner ideale per moltissimi paesi emergenti che la invitavano a prendere l’iniziativa all’interno dell’Ocse e, a mio avviso, la subalternità agli Usa ci ha fatto perdere un’occasione storica. Speriamo che tra 20 anni, quando saremo passati da adolescenti ad “adulti”, forgiati da innumerevoli sofferenze riprendiamo una via virtuosa come avvenne nel 2° dopoguerra con 30 anni di progresso in quanto intrecciato a maggiore uguaglianza.