di Andrea Gandini. Economista, analista del futuro sostenibile.
La guerra ha messo un velo di informazione sul Covid, ma ovviamente escono sempre più dati e informazioni che consentono di cominciare a chiarire molte zone rimaste oscure. Euromomo è il data base europeo che aggiorna sulla mortalità in eccesso e lo fa anche per classe di età, mentre Eurostat, pubblica i dati della mortalità in eccesso mese per mese. I dati Euromomo delle prime 16 settimane (primi 4 mesi) del 2022 mostrano per l’Italia un lieve decremento rispetto al 2021 (+4,5% nel 2022, rispetto a +5,4% del 2021). Per confronto si indica nella figura anche il dato della Svezia del 2022 che continua ad essere basso (+0,59%).
Confortante è il calo della mortalità in eccesso per l’Italia specie negli ultimi 2 mesi (marzo-aprile), anche se rimane molto alto se confrontato con quello della Svezia. C’è però un dato allarmante: i morti dei giovani (per tutte le cause) dai 14 ai 44 anni sempre nelle prime 16 settimane del 2022 sono maggiori di quelli del 2021 (+2% sugli anni 2015-19 anziché +1,8%), nonostante il totale dei morti sia in forte riduzione così come quello degli anziani over 65.
Si confermano, pertanto, le preoccupazioni di quanti sostengono che la vaccinazione di massa nei giovani e negli under 60 ha prodotto vantaggi ma anche un aumento degli effetti collaterali (specie tra i giovani) e delle miocarditi (in Israele +25%) che lasciano il segno per tutta la vita, ma anche dei decessi, specie tra coloro che praticano sport. Una conferma di queste preoccupazioni viene da molti studi, tra i vari un lavoro pubblicato su Nature (una delle riviste più prestigiose al mondo) di S. Seneff, Greg Night, A. Kyriakopulos, P.A. McCoullogh in cui si dice che il vaccino mRNA produce una “estensively documented subversion of immunity…disregulation of the system for both prevening and detecning genetically driven malignant trasformation…Third, mRNA vaccination potentially disrupts intracellular comunication carried out by exosomes, and induces cells taking up spike glycoprotein mRNA to produce high levels of spike-glycoprotein-carryng exosomes…”. In sostanza rischi documentati su ampie fasce di popolazione di riduzione dell’immunità e della capacità di fronteggiare in futuro tumori e altre malattie. Un rischio che gli autori dicono essere trascurabile per gli anziani vaccinati, ma significativo per bambini, adolescenti e giovani adulti (come si evince anche dai dati italiani). Si estende così il fronte di coloro che pensano che una vaccinazione di massa solo degli anziani over 60 avrebbe forse dato esiti migliori.
Un altro studio su Nature conferma studi precedenti che dicono che l’80-90% di coloro che sono risultati positivi al tampone erano asintomatici e non contagiavano. Ovviamente fa differenza nella comunicazione pubblica dire che abbiamo 100mila positivi o solo 10mila che possono contagiare.
In febbraio è stato pubblicato sul British Medical Journal (BMJ) una delle riviste più autorevoli del mondo uno studio sull’Italia firmato da M. Fabiani dell’ISS e co-firmato dal presidente ISS S. Brusaferro e G. Rezza, direttore del Ministero della Salute in cui si dimostra che la protezione contro l’infezione tende a zero dopo 6-7 mesi per gli over 60 e successivamente scende sotto zero, cioè che i vaccinati (da quel momento, cioè dopo 6-7 mesi dalla dose) contagiano più dei non vaccinati. Lo si vede anche nei bambini dai 5 agli 11 anni (per i quali la dose è solo un terzo per evitare effetti avversi) dove, dopo poche settimane, il contagio cresce nei bambini vaccinati con due dosi rispetto ai bambini non vaccinati. Si conferma invece che i vaccinati sono protetti 6-9 volte più dei non vaccinati per le forme più gravi della malattia e i decessi, ma passati 3-5 mesi dalla 3^ dose essa non è più significativa, secondo un ennesimo studio pubblicato su Lancet da Sara Y.Tartofeld e altri (California). Non si capisce, pertanto, perché il nostro Governo insista a dare prevalenza ai vaccini rispetto all’immunità naturale acquisita di chi è guarito, quando si sa da sempre (e ci sono molti studi che lo confermano anche per la Covid) che l’immunità naturale è più efficace. La cosa è grave specie per coloro che lavorano nella sanità che sono guariti e che devono per forza fare dopo 3 mesi l’ennesima dose di vaccino, se no non possono lavorare.
Com’è sanno i nostri lettori abbiamo sempre dato molto importanza come indicatore alla mortalità in eccesso e ora anche l’OMS conferma essere il migliore indice. Bisogna tuttavia non fare l’errore di attribuire tutti i morti in eccesso (rispetto agli anni 2015-2019) alla Covid. Molti studi mostrano infatti che durante la pandemia sono avvenuti dei “danni collaterali” dovuti all’emergenza da Covid che ha portato a trascurare altre malattie: tumori, malattie cardiovascolari, suicidi, etc. Per esempio la Gran Bretagna stima che i morti per tumori siano cresciuti nel 2020 di 20mila unità, in Usa le morti per alcol, oppiacei sono cresciute del 25%, quelle per overdose del 59%, in tutte le grandi città del mondo si è assistito ad un incremento degli infarti e malattie cardiache del 30/40% (anche in Italia). I morti in eccesso non vanno quindi tutti attribuiti alla Covid e oggi sappiamo che solo il 23% dei decessi Covid aveva solo il Covid, nel restate 77% dei casi erano compresenti altre malattie gravi (a volte più di una) che hanno concorso in modo decisivo al decesso. Ciò significa una riflessione sulla strategia futura e su come potenziare anche il nostro sistema sanitario, sapendo che in Italia muoiono ogni anno 180mila per tumori e 250mila per malattie cardiovascolari.
Tutti questi elementi (e altri che potrebbero emergere col tempo) potrebbero indurre a mutare le strategie future in casi analoghi, anche perché la scienza dovrebbe fondarsi sui fatti e non sul consenso della maggioranza della comunità scientifica o, ancor peggio, della politica. I grandi avanzamenti nella scienza sono venuti quasi sempre da idee che all’inizio sembravano folli o eretiche. Auguriamoci che prima o poi ci sia una discussione serena, basata sulla retrospettiva di quanto è accaduto, sui fatti (e sugli errori) e che prenda in considerazione anche altri approcci di successo come la strategia svedese o quella di una vaccinazione limitata agli over 60. Lo stesso Giorgio Palù indica nel suo libro (All’origine del virus, ed. Mondadori) l’importanza delle cure domiciliari come prima “trincea”, al posto di quelle ospedaliere, sia perché meno costose, sia perché il rischio di contagio a casa è minore. Dal 21 aprile le 19mila farmacie possono distribuire (su ricetta del medico di famiglia) l’antivirale in pillola. Aifa ha finalmente seguito le indicazioni di G. Rasi (direttore dell’Agenzia Europea del Farmaco, Ema) che le consigliava evitando l’accesso ospedaliero (Paxlovid, Lagevrio, Molnupiravir,… vanno assunti entro 5 giorni dai sintomi). Nei primi 4 mesi e mezzo del 2022 37mila pazienti sono stati curati a casa. Farmaci acquistati e che sarebbe assurdo lasciare scadere in frigo.
Ancora oggi chi risulta positivo non può non solo essere visitato a casa ma neppure recarsi dal medico di famiglia. Succede così che cresce chi si rivolge al pronto soccorso intasando tale servizio che vede nell’ultimo anno ben 1200 dimissioni di medici e infermieri che non ce la fanno più e su cui si scarica l’attuale cattiva organizzazione.
Palù conferma poi che il virus si è originato con altissime probabilità in laboratorio ed è fuoriuscito per errore (2 anni fa era considerata una fake news). Ovviamente ciò pone problemi enormi sulla necessità o meno di proseguire questi studi (di guadagno di funzione) che possono procurare all’umanità un danno gigantesco, come appunto la Covid e di cui nessuno, al momento, risponde.
In un contesto di tale incertezza riprendono forza le posizioni di coloro che affermano l’importanza del principio di precauzione e quindi potersi curare in base ad una “libera scelta”, soprattutto se non cambia la capacità di contagiare o meno e se i vaccinati contagiano come i non vaccinati. Altra questione è la scelta personale di rischiare o meno (rischiano di più i non vaccinati specie se anziani).
Il problema diventerà rilevante per la eventuale e futura 4^ dose (10 milioni sono inoltre gli esitanti sulla 3^ dose) in quanto crescono gli esperti che sostengono che essa potrebbe dare si una protezione, ma che viene poi meno dopo alcuni mesi e rischia nel contempo di ridurre le capacità del sistema immunitario. In sostanza non è chiaro se sono maggiori i benefici dei rischi (specie per i giovani), in quanto dosi ravvicinate potrebbero avere quegli effetti negativi di cui parla lo studio su Nature sopra citato.
Un bel problema che in ogni caso non sembra sia possibile risolvere con ulteriori imposizioni di legge se si pensa che la stessa Biontech ha comunicato al CDC Usa che, a causa di molti problemi in via di emersione (di efficacia e di effetti collaterali), potrebbe non essere ottenuta l’autorizzazione definitiva per il vaccino mRNA che deve avvenire entro il dicembre 2023. Biontech è tenuta a dare corrette informazioni anche ai propri azionisti, i quali in presenza di informazioni manipolate, potrebbero poi fare causa ai dirigenti della casa farmaceutica, da qui le “mani avanti” che stanno ponendo i dirigenti dell’azienda anche per potersi cautelare sul piano legale e penale.
La scarsa capacità della Covid di colpire gli Africani mostra, infine, quanto sia importante per noi occidentali uno stile di vita sano, la riduzione di quei fattori che sappiamo con certezza che indeboliscono il sistema immunitario come obesità, fumo, sedentarietà, alimentazione spazzatura, mentre ci sono interessi nel favorire comportamenti che producono malattie che vanno poi curate, in modo che la spesa farmaceutica e sanitaria superi nei prossimi anni quella alimentare.