di Rosella De Leonibus. Psicologa. Pubblicato in Rocca n. 10 del 15 maggio 2022.
«Nel mondo c’è stata una cosa tragica, la guerra». «La guerra è iniziata, le persone sono scappate, la città è distrutta. Hanno incominciato a lanciare i missili» «Mamma, la guerra è una cosa tanto brutta e triste, non dovrebbe esistere. Io studierò tanto perché così sconfiggerò questa cosa brutta». (E., un bambino di quasi 6 anni)
Per i bambini la guerra era un gioco, ora è diventata improvvisamente una realtà, e nessuno, né i genitori, né men che mai i bambini, ha modo di capire come fare a farci i conti. Evitare di parlarne, «per non turbarlo». Ecco un errore che in buona fede molti genitori e insegnanti commettono, quando i bambini si trovano a vivere eventi tragici. Possono essere i bambini stessi ad aver reticenza a parlarne, obietterà qualcuno.
Molte volte i bambini intuiscono al volo di cosa gli adulti non amano parlare, colgono una alzata di sopracciglia, un gesto della testa, un cambiamento di postura, una sfumatura della voce, e al di là delle parole che pronunciamo capiscono di cosa è ammesso parlare e di cosa no. È molto più probabile che, quando un bambino lascia emergere la sua paura, o il suo bisogno di capire, siamo noi a cambiare velocemente argomento… parlare delle angosce, rispondere ai perché.
segnalato da Alessandro Bruni