di Riccardo Bonacina. Giornalista, fondatore di Vita.it. Pubblicato in Vita.it del 26 maggio 2022.
Sul lungo periodo l’impoverimento intellettuale degli spettatori può avere un effetto grave sull’intera società, lo sosteneva il filosofo austriaco Karl Popper che per questo propose di istituire “una patente per fare la televisione”. Le ragioni di questa presa di posizione, che potrebbe assomigliare alla volontà di censura, si trovano nel suo saggio Cattiva maestra televisione del 1994, pubblicato pochi mesi prima della sua morte. La provocazione lanciata nello scritto è giustificata dalla volontà di Popper, che si era occupato dell’educazione dei bambini con difficoltà di apprendimento, di difendere la libertà dei singoli e delle loro menti.
Il filosofo viennese, in particolare accusava la televisione di immettere violenza nel tessuto sociale, un veleno che va contro quello che Popper considera “il nucleo fondamentale dello Stato di diritto”, cioè “l’educazione alla nonviolenza”. Scrive: “I cittadini di una società civilizzata, le persone cioè che si comportano civilmente, non sono il risultato del caso, ma sono il risultato di un processo educativo. E in che cosa consiste fondamentalmente un modo civilizzato di comportarsi? Consiste nel ridurre la violenza.”
segnalato da Alessandro Bruni