di Mauro Magatti. Sociologo. Pubblicato in Avvenire del 26 maggio 2022.
Passato il primo momento in cui ci siamo sentiti tutti spaventati e coinvolti, a quasi tre mesi dall’inizio del conflitto nel cuore dell’ Europa, ci stiamo abituando alle guerra, ai suoi orrori, al suo spirito maligno? Come era successo con il Covid, a poco a poco, i nostri grattacapi quotidiani tornano a prendere il sopravvento, regalando sempre più sullo sfondo il conflitto ucraino. Uno spostamento che si osserva anche su gran parte dei media: pur rimanendo in evidenza, la guerra lascia ogni giorno di più la ribalta alle tante altre vicende del nostro tempo.
L’essere umano ha una straordinaria capacità di adattamento. Riesce a vivere nelle condizioni più estreme: tra i ghiacciai e nel deserto. L’adattamento è un punto di forza della nostra specie, una risorsa che nasce dalla combinazione tra l’inestirpabile attaccamento alla vita e l’intelligenza creativa che ci contraddistingue. Anche in presenza di condizioni avverse, siamo capaci di escogitare un modus vivendi possibile. L’adattamento non è tuttavia un processo neutro. C’è un adattamento passivo – che semplicemente subisce la situazione – e uno attivo – che risponde, lavorando per ricreare una vita buona. Rispetto al tema specifico della guerra, l’adattamento passivo si concretizza in tre atteggiamenti che vediamo diffondersi attorno e dentro di noi.
segnalato da Alessandro Bruni