di Andrea Grillo. Insegna Teologia dei sacramenti e Filosofia della Religione a Roma, presso il Pontificio Ateneo S. Anselmo. Pubblicato nel blog dell'autore e in Munera il 20 giugno 2022.
Le discussioni scaturite intorno agli “Itinerari catecumenali” pubblicati dal Dicastero per i Laici si sono concentrate su un punto della tradizione cristiana e cattolica che ha subito, negli ultimi secoli, grandi mutamenti. Si tratta del tema della “castità”, sul quale è facile fraintendere molte cose. Anche un articolo come quello di Domenico Morrone (sulla castità contro l’idolo del godimento, che si può leggere qui) mi pare che, pur con giusta intenzione, non contribuisca molto a cogliere le vere questioni in gioco. Nel suo testo, infatti, difende la castità, come è giusto, ma lo fa con un linguaggio non aggiornato e troppo apologetico. Se si interpreta la castità come “lotta contro il godimento come idolo” si viene catturati da una lettura in termini di “continenza” che è solo una parte della castità. Si legge, in fondo, la parte per il tutto e così si rende più facile il rifiuto del tutto identificato con una parte.
Ciò che Morrone vuol dire, e in questo ha pienamente ragione, è che coloro che “rifiutano la castità” cadono in errore. Questo è giusto. Della castità hanno bisogno tutti, perché la sessualità non si identifica con il bene. Il sesso è un grande bene, ma non è né tutto il bene, né il bene di tutti.
segnalato da Alessandro Bruni