di Luigi Viviani. Sguardi al futuro politico.
La recente evoluzione del nostro sistema politico, caratterizzata da una crisi del populismo e da uno sfilacciamento delle due coalizioni, sta riproponendo la necessità di un centro politico come terzo polo, che rappresentando alcuni aspetti di continuità della politica italiana, contribuisca, tramite opportune alleanze, alla stabilità e alla governabilità del sistema.
Il modello esemplare fu il centrismo democristiano degli anni ’50, che, con la leadership di De Gasperi, guidò il Paese nella ripresa post-bellica, contribuendo a fare dell’Italia un Paese democratico, sviluppato e moderno. Oggi mancano del tutto le condizioni che determinarono quel risultato, ed un ruolo realistico del centro sarebbe quello di contribuire a consentire i cambiamenti necessari garantendo gli elementi essenziali dell’identità democratica del nostro Paese.
Servirebbe quindi un centro riformatore con una forte identità democratica e costituzionale, che renda meno instabili e programmaticamente meno indeterminati i governi. Questa esigenza, avvertita più o meno confusamente, sta determinando un rinnovato interesse della politica in direzione del centro, e un addensamento di piccoli partiti in quest’area, alla ricerca di un ruolo che li faccia uscire dal troppo stretto risultato elettorale, per quasi tutti, attorno al 2%.
Finora sono ben sette i partitini auto collocatisi al centro (Azione, Italia Viva, Coraggio Italia, +Europa, Verdi, Noi con L’Italia, Impegno per il futuro), e altri sono in preparazione come “L’Itala c’è” del sindaco di Milano Sala, mentre una convergenza al centro è ragionevole ipotizzarla per una parte di Forza Italia.
Va tenuto presente che buona parte di questi gruppi sono frutto di scissioni da partiti precedenti e sono guidati da leader difficilmente disponibili ad un ruolo di outsider, per cui, fin d’ora, stanno emergendo incompatibilità personali e dissensi politici piuttosto profondi. In questa situazione pensare di riunificare tali differenze in un’unica forza politica dotata di omogeneità e stabilità, sufficienti a svolgere il ruolo che serve al Paese, appare un’impresa pressoché impossibile.
Il primo, e più importante, ostacolo è rappresentato dall’opposto orientamento strategico, per cui alcuni partitini sono orientati ad una alleanza organica con il centrodestra e altri con il centrosinistra, mentre l’elemento comune di un certo pragmatismo politico appare insufficiente a raggiungere l’unità necessaria. In secondo luogo, quasi nessuna delle singole liste riesce a raccogliere un consenso del 3% necessario per entrare con propri rappresentanti in Parlamento, ed occorre perciò presentarsi uniti mentre manca un leader dottato di carisma e credibilità in grado di federare in un’unica forza politica tali differenze.
Tuttavia, la domanda di centro esiste e in nostro Paese ci ha abituati a soluzioni che, sulla carta, apparivano fuori portata. La scelta preliminare sarebbe rappresentata dalla riforma della legge elettorale in senso proporzionale, per mettere ognuno di fronte al suo peso reale, indispensabile per entrare in Parlamento, ma, allo stato, tale riforma appare impraticabile perché contrasta con l’interesse del centrodestra che rimane convinto di poter vincere, raggiungendo la maggioranza assoluta dei voti con la legge elettorale attuale.
A tale riguardo un contributo rilevante può arrivare dall’esito delle elezioni comunali di oggi, nella misura in cui riescano a rendere evidente al centrodestra l’incertezza circa il traguardo della maggioranza assoluta. Negli ultimi tempi ha acquisito una certa diffusione l’ipotesi di assumere come riferimento programmatico di questa forza politica l’impegnativa agenda Draghi (Pnrr, guerra, crisi economica, Europa) anche a prescindere dal parere dell’interessato che, come è noto, ha escluso di proseguire nella guida del governo oltre l’attuale legislatura.
Ma anche questa scelta mantiene intatta tutta la sua incertezza in assenza di un leader in grado di realizzarla. Pur intravvedendo la possibilità che quest’ultima ipotesi venga accompagnata, da parte di alcuni, da una particolare pressione su Draghi affinché accetti di guidare il governo anche nella prossima legislatura, l’ipotesi della nascita di un partito di centro, avente le caratteristiche richiamate, rimane segnata da tutti gli ostacoli e i vincoli ricordati, che la rendono ancora improbabile.
Un problema che accentua L’estrema incertezza sull’esito delle elezioni politiche del 2023, nelle quali, per in nostro Paese, può porsi il drammatico dilemma tra la prosecuzione di una politica in grado di affrontare i crescenti problemi di un’Italia in crisi, e un drammatico arretramento politico che renderebbe il nostro Paese in estrema difficoltà nell’affrontare i problemi intern,i e retrocesso a problema decisivo a livello europeo tale da mettere in discussione lo stesso futuro dell’Ue. Sarà bene avere fin d’ora chiara consapevolezza di questo dilemma, in modo da fare, ognuno a livello delle proprie responsabilità, tutto il possibile per evitare che si determinino questi effetti disastrosi.