di Riccardo Congiu. Pubblicato in Il Post del 12 luglio 2022.
Scrivere con cadenza regolare per un pubblico affezionato è appagante ma faticoso, e sono sempre di più gli autori che decidono di mollare o di prendersi una pausa.
Negli ultimi anni tanti giornalisti nel mondo hanno lasciato le proprie redazioni per dedicarsi a tempo pieno a newsletter personali, con una maggiore autonomia nell’organizzazione del tempo e nella scelta dei contenuti. Altri lavoravano già come giornalisti autonomi – i cosiddetti freelance – e hanno trovato nelle newsletter una nuova possibilità lavorativa, in tempi di grande crisi per le aziende giornalistiche, che fanno sempre più fatica ad assumere nuove persone con contratti stabili. Altri ancora hanno aperto una newsletter perché interessati a parlare di un certo argomento, senza necessariamente volerne fare un lavoro.
Le newsletter sono state insieme ai podcast il nuovo formato di informazione di maggiore successo degli ultimi anni, e come per tutte le cose nuove è servito un po’ di tempo per comprenderne il reale impatto sul mondo dei media, al di là degli entusiasmi iniziali: la scorsa settimana per esempio Substack, il più popolare servizio per distribuire newsletter a pagamento, ha licenziato 13 persone su 90, ridimensionando degli investimenti iniziali che probabilmente erano stati troppo ottimistici.
segnalato da Alessandro Bruni
Commento di Alessandro Bruni. Un articolo che mi coinvolge, con problemi personali che condivido, tra la speranza di fare un servizio utile e la solitudine di un lavoro inutile. La scelta non profit tuttavia rende liberi nel rischio dell'utopia e nella consolazione di una audience in costante crescita. Con il vantaggio personale di leggere molto, riflettere su opinioni diverse, possibilmente lontano dalle banalità con l'esercizio del rispetto e la riduzione del pregiudizio. Un impegno con gli amici di redazione, ma anche la volontà di essere cittadini pensanti e liberi che dovrebbero essere più impegnati al fare che al dire.