di Marco Cinque. Pubblicato in Ytali.com del 27 luglio 2022.
Nel suo viaggio apostolico in Canada, che egli stesso ha definito “penitenziale”, il Papa ha finalmente risposto alle sollecitazioni di molti esponenti delle First Nation, che gli chiedevano di portare direttamente le sue scuse alle famiglie delle vittime indigene internate, abusate e decedute, spesso in maniera cruenta, nelle residential school cattoliche canadesi.
“Chiedo umilmente perdono per il male commesso da tanti cristiani contro le popolazioni indigene” ha detto il pontefice, aggiungendo che “le scuse non sono un punto di arrivo, ma costituiscono solo il primo passo, il punto di partenza per condurre una seria ricerca della verità sul passato e aiutare i sopravvissuti delle scuole residenziali a intraprendere percorsi di guarigione dai traumi subiti".
Parole che suonano amare e sincere, pronunciate dal capo di una Chiesa da sempre insincera fino al midollo, di cui comunque è sempre bene non fidarsi troppo. Nel ripido, faticoso percorso di riconciliazione, rispetto alle scuse e all’auspicato perdono, non tutte le vittime sono però disposte a concederlo, almeno se alle scuse teoriche non seguiranno azioni concrete e coerenti da parte della Santa Sede.
segnalato da Alessandro Bruni
Commento di Alessandro Bruni. Io stesso in colonia estiva all'età di 7-9 anni ho subito simili trattamenti punitivi descritti da Marco Cinque. Ricordo lucidamente una bambina rea di aver bagnato il letto nella notte essere portata nella camerata dei maschi in mutande bagnata che piangeva e si contorceva a terra tra la vergogna e le urla di scherno dei ragazzi. Erano chiaramente comportamenti educativi sbagliati come quelli punitivi di tenere i bambini appesi per le orecchie per dieci minuti a recitare il padre nostro. Allora, nei primi anni '50 erano comportamenti sbagliati che non venivano percepiti nemmeno nella loro gravità pedagogica. Erano comportamenti di lascito fascista che comprendevano alle medie, con l'approvazione di preside e corpo docente, che le lezioni di educazione fisica fossero di fatto esercizi paramilitari in cui si insegnava a stare sull'attenti, in riposo, a marciare con passo cadenzato reggendo un bastone come fosse un moschetto. Dopo tanti anni non si può che sottolineare le distorsioni subite, e non si può certo nascondere una pianificazione al genocidio perpetrate dal clero e sostenute dalle responsabilità di sistema dall'intera alta curia come è successo in Canada, in America Latina e in varie forme in tutto il mondo per violenze che non potevano trovare alcuna giustificazione se non una espressione violenta e razzista verso persone diverse e deboli da parte di uomini che avevano preso i voti e che si ritenevano unti dal signore. Altri tempi, da ricordare senza troppo scandalo, ben sapendo che oggi gli abusi del clero hanno preso altre strade, meno plateali, ma non meno dolorose. Le distorsioni e gli errori sono nella natura dell'uomo, ma tenerli nascosti, lasciarli impuniti, non applicare la legge agli abusanti del clero e cercare di minimizzare è fatto ancora più grave. I comportamenti devianti di singoli non possono essere taciuti e la chiesa cattolica dovrebbe operare usando la pietas verso l'abusato piuttosto che la clemenza verso l'abusante. Eppure questo atteggiamento è ancora ben presente: i preti abusanti sono confinati in luoghi separati e vivono una vita libera protetti da una cortina di silenzio, mentre i laici responsabili degli stessi crimini devono subire il carcere. Due pesi, due misure ... eppure sono entrambi cittadini italiani ...