di Sergio Pilu. Pubblicato in Linkiesta del 13 luglio 2022.
La lezione dei profughi. Con dignità, non si lasciano incasellare dagli schemi a volte paternalistici di chi li aiuta, né accettano assistenza in maniera supina. Sanno che tocca solo a loro decidere il proprio destino, anche scegliendo (contro ogni consiglio) di tornare nel loro Paese.
O. mi mostra lo schermo del telefono. Ormai sono allenato: lei o una delle sue due sorelle scrive, io leggo la frase gentilmente offerta da Google Translate e cerco di immaginarmi quale fosse l’originale in ucraino: una specie di telefono senza fili insomma, che abbiamo praticato per la prima volta quattro mesi fa mentre attendevamo l’ok della polizia di frontiera a farci uscire dal Paese.
Dobbiamo tornare a casa, scrive O., devo aiutare mio marito con il lavoro. Non faccio in tempo a scrivere la risposta; probabilmente è sufficiente la mia espressione che dovrebbe esprimere un concetto vicino a “sei sicura? Siete sicuri? Le condizioni sono le stesse di quando siete partiti, perché adesso dovrebbe essere meno pericoloso vivere nel vostro oblast’ rispetto a quando siete partiti? E i bambini?”.
segnalato da Alessandro Bruni