di Andrea Gandini. Economista, analista del futuro sostenibile.
Fino a marzo gli sbarchi degli immigrati erano quest’anno inferiori a quelli dell’anno scorso ma, da aprile, sono diventati superiori e c’è chi sospetta che ciò sia dovuto a pressioni della Russia e Turchia anche sul generale Haftar (che controlla la Cirenaica) al fine di influenzare le elezioni del 25 settembre in Italia (più immigrati, più voti a Salvini). Gli immigrati che arrivano sono prevalentemente siriani, egiziani, palestinesi e arrivano da Libia, Tunisia e Turchia. Che ci possano essere strategie geo-politiche è probabile in quanto oggi la Libia vede 4 paesi principali in azione: Turchia, Russia (che appoggia Haftar in Cirenaica), Egitto e, in sordina, Francia. L’Italia che era il principale attore è quasi sparito.
Di recente il primo ministro insediato a Tripoli Abdul Hamid Dbeibah si è accordato col “nemico” Haftar per gestire insieme la Noc (National Oil Corporation) e far ripartire la vendita del petrolio salita da 400mila barili al giorno a 1,1 milioni. La dimostrazione che soldi e commercio sono in grado di mettere d’accordo anche nemici. Nel 2020 (complice la Covid) Russia ed Egitto hanno garantito flussi ridotti di immigrati verso l’Italia, ma ora, con la guerra in Ucraina e la rottura dei rapporti con l’Italia, è effettivamente possibile che si usino gli immigrati come arma di pressione sulle elezioni.
Ma le domande ce le dobbiamo fare tutte e non solo le più recenti. Se è così, ciò non è già avvenuto anche in passato (e in modo molto più consistente) con la guerra prima in Iraq e poi in Libia (ottobre 2011) che hanno destabilizzato l’intero Medio Oriente con conseguenti imponenti flussi di immigrati verso l’Europa e l’Italia? Ciò ha indebolito l’Europa e l’ha distratta dagli obiettivi di sviluppo e di un suo ruolo autorevole nel mondo?
Nel nuovo mondo bi-polare (Usa-Europa vs Cina-Russia) gli immigrati possono davvero svolgere un ruolo rilevante di destabilizzazione se il loro flusso eccede certe dimensioni e se, come ha ben spiegato Stefano Allievi, manca una capacità programmatoria e di accoglienza in Europa (e specie in Italia) che trasformi rapidamente l’immigrato in lavoratore, cosa del tutto possibile (e anzi positiva per noi) qualora i flussi siano programmati in base ai nostri fabbisogni, in quanto sia Europa che Italia hanno bisogno di un certo flusso (programmato), in quanto in pieno declino demografico.
Ma tutto ciò ci impone di farci, come dicevamo, tutte le domande e non solo quelle sui fatti recenti. A chi è convenuto destabilizzare il Medio Oriente, la Libia di Gheddafi e il ruolo importante che l’Italia aveva in Libia? Com’è stato possibile che oggi Russia, Turchia, Egitto e Francia abbiano più peso in Libia dell’Italia? A noi italiani interessa avere buone relazioni con le nazioni che oggi sono presenti in modo massiccio in Libia? Perché l’Italia non riprende una presenza politica e industriale con Eni in Libia? La nostra politica estera è autonoma o condizionata da altri paesi più forti militarmente di noi?