di Andrea Gandini. Economista, analista del futuro sostenibile.
Così si è espresso il presidente Macron in un recente discorso ai francesi. Sull’intera Europa (e in Italia in particolare, povera di materie prime) si abbatterà nel prossimo autunno-inverno (che proseguirà) una “tempesta perfetta”, fatta di inflazione senza precedenti, razionamenti di gas e luce, perdita di lavoro e di redditi e ulteriore crescita della povertà. Molte nostre imprese rischiano di chiudere dopo decenni di onorata attività perché luce-gas costano nove volte più di quello delle imprese concorrenti americane e il triplo di quelle di Spagna e Portogallo che hanno messo un tetto a gas-luce.
Le multi-utility non fanno più contratti a nuovi clienti e chiedono un anticipo di uno o due mesi. Le famiglie pagheranno almeno il doppio delle bollette (già alle stelle) pagate in primavera, cioè 4-5 volte quello degli anni passati. L’Europa è in fibrillazione, i Paesi del Nord (meno a rischio di energia) non vogliono il tetto al prezzo del gas, la Germania è in piena crisi energetica, l’euro è sceso sotto la parità col dollaro (0,99) da 0,63 che era nel 2007 e la BCE non sa che pesci pigliare: se alza i tassi di interesse avvia una recessione, se li lascia così (con l’euro debole) aumenta ancora l’inflazione. Le sanzioni alla Russia stanno ritornando indietro come un boomerang.
Ciò è dovuto alla guerra Russia-Ucraina (o Russia-Usa), ma solo in parte, perché i prezzi del gas che la Russia fa sono gli stessi e i contratti pluriannuali. Il fatto è che l’Occidente ha messo in piedi sull’energia non solo una vera e propria borsa (dal 2011) ad Amsterdam dei contratti futures (attesi) in un settore strategico che è ovviamente influenzato da logiche speculative. Lo stesso Occidente ha creato quindi negli anni un libero mercato del gas (che poi incide sull’elettricità) su beni vitali, di base sia per famiglie che imprese.
Ma c’è un terzo fattore. I prezzi aumenteranno per alcuni anni (dice la Fed Usa) in funzione anche delle aspettative degli operatori (giuste) che vedono nel futuro un mondo bi-polare, diviso in una sorta di nuova “guerra fredda”, tra Cina-Russia-India-Iran-Siria-Pakistan (appena Imran Khan tornerà al governo dopo un mini golpe) e altri paesi asiatici, africani e del medio oriente contro Usa-Europa-Israele-Australia-Giappone e altri africani e del medio oriente. Un mondo diviso in due che sta già frantumando le catene di fornitura, de-globalizza e costringe milioni di imprese a ri-organizzarsi. Si avvia così una competizione inedita in cui la Cina pensa (dal 2009) all’idea di un nuovo sistema monetario internazionale con un ruolo strategico dello yuan cinese che, inevitabilmente, porterà ad un declino del dollaro (oggi l’unica moneta davvero internazionale). Uno scenario in cui si accentua il riscaldamento globale (sul quale poco si è fatto) e che rischia di mettere i paesi in un’ottica di sopravvivenza, derubricando il tema “ambiente”.
Potevamo farci avere un futuro diverso e meno inquietante? Sì. Soprattutto se l’Europa non avesse omesso di svolgere il ruolo internazionale che le compete, quello di un 3° polo (tra Usa e Cina), basato sulla “vita buona” dei suoi cittadini e guidato non più da politiche di potenza ma di pace e dialogo con tutti i “poli”.
Ma questo significava costruire un’Europa politica e non solo della moneta, un’Europa indipendente e non subordinata agli Usa, capace di esprimere la propria autorevolezza sia perché è una grande potenza economica, sia perché ha piene democrazie e modelli di vita attrattivi per tutto il mondo, cosa che non sono oggi né gli Stati Uniti (dove declina la stessa speranza di vita), né le dispotiche Cina e Russia.
Si poteva fare? Sì, anche affrontando un tema spinoso come quello se sia più importante l’integrità di uno Stato o l’autodeterminazione dei popoli che sono minoranze al loro interno. Faccio notare il comportamento opportunistico di due paesi strategici: Israele, che non ha condannato l’annessione della Crimea alla Russia nel 2014 (facendo imbufalire gli Americani) e la Turchia che invece condanna l’annessione della Crimea, perché pensa all’autodeterminazione dei curdi di casa propria e a quelli siriani e fa anche il gioco russo ripensando al Kosovo, alla Cecenia e al Caucaso e ovviamente il gioco della Cina sulle questione di Taiwan e Xinjiang. La dimostrazione di come si può essere fedeli agli alleati ma, allo stesso tempo, curare i propri interessi, cosa che non fa l’Europa.
Purtroppo le nostre élite europee sono subordinate agli Stati Uniti e forse non hanno capito la nuova fase internazionale che si stava avviando con la crescita di potenza della Cina (favorita proprio da noi occidentali sempre per via del dio denaro) e la volontà della Russia a non subire l’espansione occidentale con l’Ucraina fino ai suoi confini, umiliandola come si era fatto con l’URSS. Per quello che so penso che la scelta della Russia di pensare ad un’alleanza non più con l’Europa ma con la Cina sia maturata definitivamente nel 2014 con il cambio di regime in Ucraina, ma è certo che già stava covando sotto la cenere (vedi discorso di Putin nel 2012 sull’importanza di un’Unione euroasiatica).
Se l’Europa si fosse mostrata affidabile (dal loro punto di vista) e si fosse operato per l’avvio dell’autonomia nelle regioni del Donbass (nonostante le opposizioni dell’Ucraina che sono però nate per pressioni di qualcuno visto che Zelenski al momento del suo insediamento (2019) aveva detto di porre fine alla guerra in Donbass e avviare passi sull’autonomia e chiedere la neutralità dell’Ucraina. E l’Europa (specie Italia e Austria) conoscono bene il modello di successo del Südtirol dove vivono in pace 3 popolazioni (tedeschi, italiani, ladini) e c’erano anche i soldi per farlo (visto che si spenderanno 750 miliardi per la sola ricostruzione dell’Ucraina). E oggi vivremmo tutti in pace e senza inflazione.
Ma ormai la “frittata è fatta” e siamo tutti intrappolati in questa guerra. Ci vorranno forse 20 anni per recuperare di nuovo questa visione, buoni rapporti con la Russia (caso mai in fuga dalle potenti spire del drago cinese nel dopo Putin) e avviare un nuovo modello di sviluppo euro-russo che veda un’Europa come 3° polo mondiale, inserito nell’amicizia storica coi paesi Occidentali, ma dialogante con la Cina come fu anche la politica estera italiana (da Moro/Andreotti al PCI fino al 1992).
Peccato perché le scelte attuali dell’Europa di scontro aperto con la Russia (come piace agli Americani) avranno una pesante ricaduta sulla vita di noi cittadini (specie quelli dei Paesi del Sud) e Macron coraggiosamente oggi lo dice (con un ritardo di 6 mesi). Quell’era dell’abbondanza si era, peraltro, esaurita da 20 anni per la grande maggioranza degli occidentali, come gli hanno fatto notare, in quanto almeno metà dei francesi avevano perso da tempo sia abbondanza che spensieratezza (nonostante la crescita stratosferica di soldi nel mondo e in Francia), che governi abituati a frequentare le élite (che aumentavano i loro redditi e patrimoni) non hanno visto, forse credendo che la ricchezza sgocciolasse anche in basso.
Un Occidente che avrebbe potuto dialogare con la Russia e che più che capirla l’ha provocata e, una volta scoperta (forse con stupore) l’invasione dell’Ucraina, di combatterla, foraggiando ulteriormente il business delle armi.
Se si vuole evitare la sofferenza bisogna usare la conoscenza.
Cos’è che noi occidentali non abbiamo capito della Russia? Già Fedor Dostoevskij aveva detto rivolto all’occidentale: “Quindi possiamo capirti mentre tu non puoi mai capire noi…” e il poeta Fydor Tyuchev “La Russia non può essere misurata con un metro standard”. Oggi si cimenta con questo problema Bengt Jangfeldt col libro L’idea russa (ed. Neri Pozzi), scrivendo che l’ideologia russa ha radici profonde e antiche che vanno ben oltre Putin e come sia illusorio sperare in una società del dopo Putin in stile occidentale e consumistico. La Chiesa cristiana ortodossa ha una presenza enorme nella vita dei russi (molto più spirituale della nostra). Così come potente è l’idea di patria e della sua grandezza. Ci sono molte cose che a noi occidentali non vanno bene in Russia, ma possiamo noi “scagliare la prima pietra” verso questa popolazione euroasiatica a noi vicina? Non sarebbe stato possibile convivere in pace e puntare su ciò che ci unisce piuttosto che su ciò che ci divideva?
Un dopoguerra comunque ci sarà che dovrà trovare una forma di convivenza tra vicini come abbiamo fatto nel Südtitol. Capire gli altri popoli serve se non vogliamo ulteriore sofferenza e chi ha meno responsabilità coloniali e meno armi avrà sempre più autorevolezza nel mondo nuovo. Viceversa, continueremo con il motto romano “si vis pace para bellum” con tutte le conseguenze di sofferenze del caso. Prima o poi l’umanità si evolverà e capirà. Forse noi non lo vedremo, ma arriverà quel momento e la Natura ringrazierà per prima.
Un tema che si porrà in futuro per molti paesi dal momento in cui declina l’idea di democratizzare tutto il mondo per farlo stare alle nostre regole occidentali di un film che dopo il “primo tempo”, in cui si narra dei diritti universali dell’uomo (che possono tutti condividere), ci sta un “secondo tempo” basato sul profitto, la diseguaglianza, digitale e la distruzione rapida di tutto ciò che si oppone, inclusi dissidenti, culture e tradizioni e la Natura stessa. Questo “secondo tempo” (business as usual) dell’Occidente materialista piace sempre meno in giro per il mondo (ai popoli), anche se i Governi lo adottano sempre più e, francamente piace sempre meno anche in Occidente (ai popoli) e, se chi governa non ne tiene conto, saranno altre sofferenze.