sintesi di Alessandro Bruni di articoli di Letizia Gabaglio, Valentina Guglielmo, Matteo Grittani, Donatella Zorzetto, Irma D’Aria e Anna Lisa Bonfranceschi pubblicati in La Repubblica dal 23 febbraio al 4 luglio 2022.
La malattia di Alzheimer è una malattia neurologica progressiva che provoca il restringimento del cervello (atrofia) e la morte delle cellule cerebrali. La malattia di Alzheimer è la causa più comune della demenza, un continuo declino delle capacità di pensiero, comportamentali e sociali che influisce sulla possibilità di una persona di vivere in modo indipendente.
La demenza colpisce oltre 55 milioni di persone in tutto il mondo. In Italia si stima colpisca oltre 1,2 milioni di persone, che si prevede diventeranno 1,6 milioni nel 2030 (Ansa, 2021). Si stima che nei prossimi venti anni solo in Italia saranno 2,5 milioni le persone affette da demenze senili tra la quali la più importante è l' Alzheimer.
La diagnosi di Alzheimer è di quelle che sconvolgono la vita di tutta la famiglia. Perché richiama alla mente l'immagine di qualcuno che non è più capace di ricordare, anche pezzi importanti del proprio passato, che ha difficoltà a far di conto, a muoversi negli spazi di casa propria, che confonde date e luoghi, che cambia improvvisamente umore, che ha difficoltà anche a parlare a volte.
Una diagnosi di Alzheimer spaventa e avere una bussola per capire cosa succederà, come cercare di gestire al meglio questa nuova vita, può fare la differenza. È con questo intento che è nato "Vivere con... L'Alzheimer" (Giunti Editore, Collana Demetra. 2021), un libro scritto a quattro mani da Antonio Guaita e Bianca Maria Petrucci, rispettivamente geriatra e Direttore del Centro di ricerca della Fondazione Golgi Cenci di Abbiategrasso e docente in Terapia Occupazionale presso l'Università di Milano, in collaborazione con Federazione Alzheimer Italia.
Non si tratta di un manuale meramente teorico. "Vivere con... l'Alzheimer" è uno strumento per capire la malattia, per darle un posto nel vasto mondo delle demenze e avere consapevolezza di cosa potrebbe accadere quando un familiare o una persona a noi cara incappa nella diagnosi. Ma è anche uno strumento per aiutare chi vive a fianco di una persona con Alzheimer. La prima parte del libro, infatti, è dedicata a comprendere la malattia, illustrando gli esami e i criteri con cui è diagnosticata (sempre come "probabile", spiegano gli autori, perché la diagnosi certa sarebbe possibile solo post-mortem), con quali sintomi può presentarsi, quando un comportamento è davvero anomalo e deve destare sospetto o può considerarsi occasionale e magari legato all'età. Trova spazio in questa sezione anche un approfondimento sulle cure farmacologiche: dall'Alzheimer non si guarisce e non esistono a oggi terapie risolutive, ma solo sintomatiche. In parte perché le terapie testate finora (e anche approvate, come nel caso del discusso aducanumab, bocciato in Europa) mirano a eliminare una delle possibili cause associate alla malattia, l'accumulo della beta amiloide, quando i danni associati possono essere già avvenuti e irreparabili.
"Questo manuale è soprattutto uno strumento per chi si prende cura di una persona con demenza, utilissimo proprio perché parte dalla realtà quotidiana - scrive Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione Alzheimer Italia nella presentazione del libro - Non esiste nulla di così completo su questi aspetti, scritto in modo che tutti possano capire e avere indicazioni su come agire...Spesso si sente dire: "è malato di Alzheimer, non c'è nulla da fare", questo libro porta all'opposto a poter dire "è malato di Alzheimer, c'è moltissimo da fare".
L'assenza di terapie farmacologiche, però, ci ricordano gli autori, non significa che l'Alzheimer non si possa gestire, anche se con difficoltà. Ed è proprio nella seconda sezione che il libro assume il carattere di una bussola, tenendo a mente che le direzioni da seguire al fianco di qualcuno con la malattia possono cambiare, perché la malattia cambia nel tempo e così i bisogni del paziente. Ecco allora che trovano spazio tutta una serie di consigli e accorgimenti pratici per venire incontro alle difficoltà della malattia, come favorire l'uso di colori pieni e in contrasto tra loro nell'uso di oggetti e dello spazio; parlare piano, guardando la persona negli occhi, scandendo bene le parole e ripetendo le frasi se necessario; favorire le esperienze tattili; non sovraccaricare l'ambiente e le azioni di stimoli; eliminare le distrazioni. E ancora: utile è accompagnare la persona con Alzheimer con calma, pazienza e regolarità nello svolgimento delle diverse attività, tenendo conto che cambi d'umore possono sempre comprometterle e vanno compresi.
Gli esperti sottolineano che è fondamentale lavorare per potenziare la prevenzione e la diagnosi precoce, una delle sfide più importanti nella lotta alle demenze, anche per lo sviluppo di trattamenti efficaci. Fondamentale è la figura del medico di medicina generale, che dovrebbe essere supportato per identificare pazienti a rischio che necessitino di valutazioni specialistiche. Ma anche il farmacista, indirizzando al medico di famiglia la persona, potrebbe svolgere un ruolo di sentinella. In questo ambito d'aiuto sarebbe poi la definizione di marcatori biologici che, unitamente alle valutazioni a livello cognitivo, consentano di identificare precocemente la malattia, ma ancora oggi relegati per lo più alla ricerca più che alla pratica clinica.
L'ideale sarebbe intercettare i casi di Alzheimer conducendo degli screening in popolazioni a rischio - per esempio grazie a database realizzati mettendo insieme i dati degli esami associati al rinnovo delle patenti, suggeriscono gli esperti - o random, su persone afferenti a centri polispecialistici. Prepararsi a gestire l'Alzheimer significa infine anche fare in modo che chi si occupa e convive con una persona con demenza abbia a disposizione tutti i servizi che facilitino e aiutino la gestione della malattia, come i centri diurni, concludono gli esperti.
Conoscere tutte le difficoltà della persona con Alzheimer, da quelle visive a quelle cognitive, ma anche la vita che ha vissuto prima della malattia, serve a entrambi, paziente e caregiver. Al primo serve a vivere al meglio la vita quotidiana, al secondo a capire come approcciarsi nei diversi momenti della giornata per renderli più semplici, nella gestione dei pasti, così come nelle eventuali uscite, nel vestirsi, nell'andare in bagno e lavarsi. Ma è altresì importante - e il libro è denso di consigli in materia - che il caregiver sappia come gestire o adattare gli spazi in cui si muove la persona. Le diverse attività, ricordano inoltre gli autori, possono presentare sfide diverse a seconda dello stadio della malattia e tenerne conto, conoscerle per tempo, è fondamentale per organizzarle al meglio.
Alcune delle raccomandazioni stilate da neurologi, farmacologi, psicologi, medici di medicina generale ed esperti di gestione sanitaria riguardano criticità comuni ad altri ambiti sanitari. È il caso, per esempio, dell'appello ai finanziamenti per assicurare adeguate diagnosi e presa in carico dei pazienti, all'omogeneità dei percorsi di cura tra i diversi centri a livello nazionale, all'ottimizzazione della continuità assistenziale, che andrebbe potenziata rafforzando il dialogo tra centri di riferimento e territorio. Un problema sanitario che cresce esponenzialmente con l'anzianità e che cresce esponenzialmente nel costo sociale ed economico per la sua gestione. Un problema che sta divenendo sempre meno esclusivo appannaggio di specialisti, ma realtà sociale ed economica per le famiglie.
Per queste ragioni, data anche l'alta e lunga invalidità associata a debole mortalità, è sempre più importante operare per aumentare la consapevolezza della malattia e ridurre lo stigma associato - quello di persone inevitabilmente anziane, imprevedibili e pericolose. Si tratta di un problema che interessa non solo la popolazione ma anche gli operatori sanitari e che complica la convivenza delle persone con la malattia. Combattere lo stigma richiede più azioni, come campagne di sensibilizzazione, corsi di formazione e il coinvolgimento di diverse figure professionali: dai medici di medicina generale, agli specialisti, ai farmacisti. Un problema sanitario, sociale, etico ed economico che segnerà il futuro dell'umanità occidentale del benessere.
Quali sono i test per diagnosticare l’Alzheimer. Al momento attuale non esiste uno specifico test per determinare se un paziente soffra di Alzheimer. La diagnosi è il frutto di un attento esame clinico della persona, raccogliendo test di laboratorio, informazioni anamnestiche, esami neurologici e analizzando i risultati di test cognitivi. Non è possibile diagnosticare la malattia quando ancora nessun disturbo di memoria o cognitivo si sia manifestato. Al termine delle analisi è possibile stabilire con una probabilità elevata che la persona soffra di demenza, ma rimane tuttavia complesso determinare l’esatta tipologia di demenza, in quanto sintomi di diverse forme possono sovrapporsi.
Come riconoscere i sintomi dell’Alzheimer. I primi sintomi dell’Alzheimer sono molto variabili e soggettivi. Ciononostante è possibile individuare alcuni segnali comuni a cui occorre prestare attenzione per riconoscere i primissimi sintomi dell’Alzheimer in modo precoce.
- Perdita di memoria. Occasionali vuoti di memoria possono capitare ma la perdita di memoria associata al morbo di Alzheimer persiste e peggiora, compromettendo le capacità lavorative o di gestione della quotidianità. La dimenticanza frequente o un’inspiegabile confusione mentale può significare che c’è qualcosa che non va. Le persone con sintomi di Alzheimer possono ripetere affermazioni e domande più e più volte, dimenticare conversazioni, appuntamenti o eventi importanti, avere una sempre maggiore necessità di contare su strumenti come note cartacee, dispositivi elettronici o su membri della famiglia per cose che erano soliti gestire in autonomia.
- Difficoltà nelle attività quotidiane. Le attività di routine che richiedono passaggi sequenziali, come pianificare e cucinare un pasto possono diventare estremamente difficoltose con il progredire della malattia. Alla fine, le persone con Alzheimer avanzato spesso dimenticano come eseguire compiti di base come vestirsi e lavarsi.
- Problemi di linguaggio. A tutti può capitare di avere una parola “sulla punta della lingua”, ma il malato di Alzheimer può dimenticare parole semplici o sostituirle con parole improprie. Chi manifesta l’Alzheimer può avere difficoltà a seguire o a partecipare a una conversazione, interrompendosi e non avendo alcuna idea di come continuare.
- Disorientamento nel tempo e nello spazio. Il malato di Alzheimer può perdere la strada di casa, nonostante sia estremamente familiare. Il disorientamento può riguardare anche la sfera temporale: i malati possono perdere il senso delle date, delle stagioni e del passare del tempo.
- Diminuzione della capacità di giudizio Il malato di Alzheimer può vestirsi in modo inappropriato, per esempio indossando un accappatoio per andare a fare la spesa o due giacche in una giornata calda. Potrebbe essere più difficile gestire efficacemente i problemi quotidiani, come il cibo che brucia sui fornelli o situazioni impreviste in automobile o in bicicletta. I malati possono prestare meno attenzione alla cura della propria persona, oltre che avere difficoltà nel maneggiare il denaro, correndo il rischio di perdere ingenti somme di fronte a venditori telefonici o porta a porta.
- Difficoltà nel pensiero astratto. Per il malato di Alzheimer può essere impossibile riconoscere i numeri o compiere calcoli. Può diventare quindi complesso gestire le proprie finanze o pagare le bollette in tempo, oltre che avere difficoltà a concentrarsi.
- La cosa giusta al posto sbagliato. Un malato di Alzheimer può mettere gli oggetti in luoghi davvero singolari, come un ferro da stiro nel congelatore o un orologio da polso nel barattolo dello zucchero, e non ricordarsi come ci siano finiti. Può perdere oggetti e non essere in grado di tornare sui propri passi per ritrovarli. A volte, può persino accusare altre persone di averli rubati.
- Cambiamenti di umore o di comportamento. Nel malato di Alzheimer i cambiamenti di umore sono particolarmente repentini e senza alcuna ragione apparente. La perdita di inibizioni, la mancanza di socializzazione, la rinuncia a hobby, attività sociali, progetti di lavoro o attività sportive sono i principali cambiamenti di comportamento che si rilevano.
- Cambiamenti di personalità. Il malato di Alzheimer può cambiare drammaticamente la sua personalità: da tranquillo diventa irascibile, sospettoso o diffidente. Possono essere particolarmente suscettibili nei luoghi o nelle situazioni nelle quali si sentono al di fuori della loro zona di comfort.
- Mancanza di iniziativa. Il malato di Alzheimer perde progressivamente lo spirito di iniziativa: nel lavoro come negli hobby, nel leggere o in tutte le sue solite attività.