di Giuseppe Maiolo. Psicoanalista del costume. Pubblicato nel blog dell'autore e in L'Adigetto del 29 agosto 2022.
Soffermarsi sulle funzioni delle parole, ci serve. Perché esse appartengono a noi, sono forme che ci abitano e ci descrivono, ponti con cui trasmettiamo il pensiero.
Le parole «Hanno una superficie, una profondità, l’una visibile e l’altra invisibile che solo l’intuizione, la conoscenza emozionale, riesce a cogliere» dice lo psichiatra Eugenio Borgna, attento lettore dell’anima (Le parole che ci salvano, Einaudi).
Noi siamo parole che vivono, cercano, raccontano. Narriamo di noi in quanto parole pensate, pronunciate, ascoltate e con queste diamo spazio alle relazioni. O le azzeriamo.
Grazie alla parola ci siamo fatti esseri umani, capaci di scambiare non solo vocalizzazioni, anche se importanti, ma suoni con significati e dunque parole come concetti ed emozioni, cioè sentimenti che danno forma a l’«IO» e rappresentazione al «Tu».
segnalato da Alessandro Bruni