di Giannino Piana. Già docente di Etica ed economia dell’Università di Torino. Pubblicato in Il blog di Enzo Bianchi del 2 agosto 2022.
Fernard Tonnies nel suo testo classico Comunità e società (ed. Comunità) distingue due tipologie diverse di organizzazione sociale che egli ritiene tra loro contrapposte: la comunità (Gemeinschaft) e la società (Geselschaft). La prima appartiene a un contesto sociale chiuso e statico ed è fondata sul sentimento di appartenenza e sulla partecipazione spontanea delle persone; la seconda è propria della moderna società industriale ed è caratterizzata dalla razionalità e dallo scambio di equivalenti.
Nel caso della comunità i legami che uniscono le persone sono naturali ed immediati; in quello della società la originaria separazione tra i soggetti è colmata in maniera estrinseca dalla presenza di fattori strutturali destinati a vincere le conflittualità mediante la produzione di regole adeguate e a farli convergere verso obiettivi comuni.
La riflessione di Tonnies sui due modi di strutturare la vita associata conserva ancor oggi piena attualità, e purtroppo la contrapposizione da lui prevista si è puntualmente verificata (anzi si è accentuata), dando carattere di assolutezza al sistema societario e incorrendo – è la critica che lo stesso Tonnies muove – in una forma di esasperato contrattualismo e di pericoloso soggettivismo.
segnalato da Alessandro Bruni
Commento di Alessandro Bruni. Questo articolo pur in una esposizione piana, quasi ovvia, su cosa significa fare comunità, chiama in causa due concetti non semplici da far convivere in ogni gruppo sociale, in ogni associazione, in ogni famiglia: communitas e di immunitas. Il primo è l’orizzonte relazionale in cui ci si scambia il dono senza alcun radicamento identitario, se non legato alla responsabilità del lavoro svolto per gli altri; il secondo implica una posizione di difesa delle proprie opinioni (opinioni e non reale agito). Si rimane, così, chiusi nel proprio pensiero a difesa di se stessi, chiusura che pretende il proprio riconoscimento personale di presunta competenza, senza che sussista autorevolezza e responsabilità del lavoro che si dovrebbe svolgere. Vivere una comunità, sia essa familiare che associativa, pone a confronto queste due antitesi che regolano il perché si sta assieme, il perché si condividono teoricamente gli stessi obiettivi. Nel vivere comunitario familiare ed associativo si devono confrontare e scontrare posizioni differenti senza astio e senza far prevalere egoismi con alto senso di responsabilità per il lavoro che ciascuno svolge (criterio fondamentale perché associazioni e famiglie non si sciolgano). Il negoziare, lo stimare l'altro, lo scambio dei segni di affetto e di considerazione dovrebbero prevalere sull'affermare egocentricamente le proprie opinioni e si dovrebbe riaffermare la responsabilità dell'agito di ciascuno entro la comunità (dove spesso chi non fa pretende di insegnare agli altri come fare). In famiglia non basta essere padre senza presenza, capacità di ascolto e di assunzione di responsabilità. Così in una associazione non basta avere ruoli e non svolgerli per assenza di presenza attiva, di autorevolezza e di assunzione di responsabilità agita (dove spesso si fa prevalere il dire al fare).