di Massimo Recalcati. Filosofo e analista lacaniano della società. Pubblicato nel blog dell'autore e in la Repubblica del 30 agosto 2022.
Nei momenti di maggiore crisi e incertezza la tendenza dell'umano è quella di guardare alle proprie spalle per ritrovare nel passato una bussola in grado di orientarlo nel presente. È, come sappiamo, il valore della storia come lezione: la memoria di quello che è avvenuto ci dovrebbe aiutare a non ripetere più gli stessi errori e a trovare la giusta rotta.
Ma talvolta a questa comprensibile tendenza se ne sovrappone un'altra, più conservatrice, se si vuole anche più patologica, che si caratterizza per una decisa disposizione nostalgica: se il presente è un tempo di caos e di precarietà il riferimento ad un passato più o meno glorioso serve ad alimentare l'illusione che per uscire da questo stato di crisi si possa ripristinare la stabilità di un ordine antico.
È quello che, per esempio, sta accadendo in modo evidente nella Russia di Putin. L'eredità dell'Unione sovietica viene interpretata come la conservazione di un passato glorioso che impone la riaffermazione sia dei grandi valori della tradizione sia dei vecchi confini territoriali.
In questo caso è lampante come l'esistenza di un passato idealizzato definisca da capo a piedi una politica di restaurazione. Il culto della guerra patriottica contro gli invasori nazisti si trasfigura così nel progetto di denazificazione dell'Ucraina.
segnalato da Alessandro Bruni
l'articolo completo è scaricabile in pdf dal blog dell'autore