di Andrea Gandini. Economista, analista del futuro sostenibile.
Un anno fa, il 27 agosto 2021, partì da Kabul l’ultimo aereo con a bordo Stefano Pontecorvo, ambasciatore italiano e rappresentante della NATO. Negli ultimi 14 giorni, seguiti alla fuga del presidente della Repubblica Ghani, che determinerà il collasso definitivo di tutte le Istituzioni, la ritirata dei militari e l’arrivo dei talebani a Kabul senza sparare un colpo, sono riusciti a far scappare dall’aeroporto 124mila persone in un caos indescrivibile. Altre centinaia di migliaia rimarranno nelle mani dei talebani e mezzo popolo si sentirà tradito per aver creduto che con l’aiuto degli Occidentali e soprattutto degli Americani ci sarebbe stato un altro Afghanistan. “L’epilogo della vicenda afgana (scrive Pontecorvo, convinto atlantista e fedele servitore della Nato) costituisce la tappa finale di una serie di altre disavventure finite presso a poco nello stesso modo, a partire dal Vietnam in poi, nel quale il filo conduttore è sempre lo stesso. La mancanza di una strategia condivisa dagli attori, la non conoscenza approfondita del contesto in cui si opera, il disinteresse per la cooperazione coi vicini, la sottovalutazione costante del nemico…”.
Una vicenda inquietante che ci racconta dell’impossibilità degli Usa (oggi della Russia) di poter risolvere con le guerre i conflitti e come da almeno 40 anni la guerra sia uno strumento inservibile per dominare gli altri paesi. Ecco perché il peccato dell’Europa è di “omissione”. Poteva diventare il 3° polo mondiale (tra Usa e Cina) e indicare al mondo qual è la vera via dello sviluppo per tutti i popoli. Se stiamo subordinati agli Usa non potremo svolgere questa funzione nei prossimi anni e l’ignavia (non fare) contribuisce ai misfatti di Russia e Usa consegnandoci a un mondo bi-polare (Usa vs Cina) che rompe anche i pochi vantaggi della globalizzazione, dove tutto costerà di più per la rottura delle catene di fornitura e la frammentazione che ne deriva: l’alta inflazione e l’impoverimento a cui porterà sia noi che miliardi di persone.
Pontecorvo descrive la vicenda afghana in modo dettagliato nel libro ‘L’ultimo aereo da Kabul’ (ed. Piemme, pag. 320, 18 euro) dove fa la retrospettiva delle principali azioni (militari e dei negoziati) di Usa (più che Nato) in Afghanistan.
L’errore maggiore fu quello di negoziare una data precisa (31.8.2021) del ritiro delle truppe da quel paese nell’accordo coi talebani (Doha, febbraio 2020) firmato da Trump e poi confermato da Biden in aprile 2021. Accordi dai quali sono stati esclusi sia la Repubblica afgana che tutti gli altri paesi Nato (che erano contrari sui modi di uscita). E’ la storia dell’assoluta incapacità di negoziare degli Americani che ha gettato dopo 20 anni di investimenti colossali l’intero paese nel caos. Un punto di svolta nella politica americana (scrive Pontecorvo) che ha messo in dubbio non solo l’immagine, ma la stessa credibilità occidentale dopo 20 anni di guerra, non solo lasciando il paese in mano ai talebani ma “tradendo” i molti che avevano creduto nella Repubblica e si erano esposti pubblicamente.
Non è in discussione il fatto che si doveva por fine a questa invasione, ma il “come” è stato fatto è veramente incredibile. L’affrettata uscita ha gettato mezzo paese nella disperazione e nella fame e lasciato nelle mani dei talebani migliaia di afgani che avevano creduto nella Repubblica e (dice Pontecorvo): “è forse questa percepita debolezza che ha convinto Putin che avrebbe potuto invadere l’Ucraina con relativa impunità”.
L’Afghanistan è l’ultimo esempio dell’idea di “esportare la democrazia” e di come Occidente e America hanno affrontato (sbagliando in modo seriale) le crisi internazionali nelle quali siamo intervenuti come Nato. Non solo non ha funzionato per battere il terrorismo, ma ha causato ingenti danni. Sbagliata è l’idea di intervenire solo con le armi e militarmente, senza coinvolgere le popolazioni locali dentro un progetto di sviluppo e “in splendida solitudine e senza la collaborazione di quella metà del mondo che oggi conta (Cina,…)”. Il nostro modello di democrazia non può essere infatti esportato –dice Pontecorvo- quando il paese ricevente ha altri sistemi di amministrazione, altra cultura. Occorre, come dicono da anni le ONG della cooperazione, accompagnare “il risanamento e il rafforzamento delle istituzioni proprie del paese che si vuole assistere, usando l’accortezza di non consentire alle élites abusi e corruzione e assicurandosi che lo sviluppo sociale ed economico vada a beneficio della popolazione”. La clamorosa fuga di Ghani con valigie piene di milioni di dollari in elicottero verso l’Uzbekistan e poi nei Paesi Arabi Uniti il 15 agosto, facendo crollare tutte le Istituzioni e l’esercito, la dice lunga su chi era stato scelto come presidente della Repubblica afgana.
L’errore più grave degli Americani (che hanno deciso tutto senza coinvolgere altri) è stato di fissare una data precisa di uscita della Nato che ha del tutto scoraggiato l’esercito regolare a resistere anche perché, mentre si trattava tra afgani per un governo di transizione, moltissimi leader locali avevano già fatto accordi personali coi talebani per tutelarsi. Così dopo 20 anni di guerra e di infinite spese militari non solo si è “tradito” chi ha creduto nei processi democratici ma non si è negoziato nulla che potesse compensare il potere dei talebani: la scuola per le bambine, servizi minimi di sanità, salvaguardia di chi ha creduto nella Repubblica,… L’unica cosa ottenuta era partire in sicurezza, lasciando un intero popolo in balia dei talebani.
Errori che abbiamo, come “Occidente” e Nato, ripetuto in vari scenari di crisi (Vietnam, Belgrado, Iraq, Siria, Somalia, primavere arabe, Libano, Libia,…) dove le cose sono finite peggio di come stavano. E speriamo che ciò non accada anche in Ucraina.
Errori che continueremo a fare senza una seria retrospettiva. Trump ha interrotto la politica estera americana di guerre ma è stato anche lui a indicare la data di uscita, vista dai talebani come una pietra su ogni possibile negoziato per un Governo di transizione. Biden ha confermato questa data creando le condizioni per un collasso delle Istituzioni e dell’esercito anche se “gli alleati europei hanno spesso sostenuto un’altra ipotesi” (scrive Pontecorvo). Si poteva chiudere la guerra negoziando meglio ed evitando che chi ha creduto nella democrazia si trovasse abbandonato. Ciò ha creato un notevole danno di credibilità coi paesi emergenti e oggi “ci ritroviamo con gli stessi problemi securitari (leggasi principalmente lotta al terrorismo) che avevamo vent’anni fa”.
Imparare dagli errori è il modo più efficace per migliorarsi. I veri peccati sono infatti quelli di “omissione”, ciò che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto e che nella geniale lingua italiana hanno anche un’espressione in “che peccato!”.
A livello individuale sarebbe opportuno ogni sera prima di addormentarsi rivedere la giornata e analizzarla per riflettere (basta un minuto) là dove ci siamo comportati bene e dove invece abbiamo omesso di farlo: ci aiuterà a migliorarci. C’é invece molta resistenza nelle Istituzioni e in chi gestisce il potere a compiere questo esercizio di retrospettiva (dalla pandemia alle guerre precedenti) che tanto sarebbe utile per affrontare in modo intelligente (e diverso) le sfide future.