di Massimo Recalcati. Filosofo e analista lacaniano della società. Pubblicato nel blog dell'autore e in La Stampa del 9 settembre 2022.
Il fondamento sostanziale di ogni democrazia è il lutto per l’idea di una lingua unica: mentre nei regimi totalitari di ogni colore si vuole imporre una sola visione del mondo e, di conseguenza, una sola lingua possibile, l’essenziale della democrazia consiste nell’accogliere e difendere la pluralità delle lingue.
Il nostro paese è sufficientemente maturo per rinunciare alla chimera totalitaria della lingua unica? Esiste ancora oggi la tendenza nostalgica a ricuperare una concezione antidemocratica e neofascista del potere? La destra italiana, xenofoba e reazionaria per quanto sia, punta davvero a sopprimere l’avversario, a silenziare il dissenso, a usare il potere per conservare in modo autoritario un sistema di diseguaglianze e di ingiustizie, a minare i principi della nostra Costituzione?
Se così fosse dovremmo dedurre drammaticamente che la democrazia nel nostro paese è rimasta in uno stato cronico di immaturità. Solo la sua debolezza intrinseca e la sua fragilità giustificherebbero l’esistenza dell’aspirazione ad inseguire il miraggio totalitario di una restrizione della libertà individuale e collettiva. Lo stesso Berlusconi, con il vigore pubblicitario che lo contraddistingueva allora, agitava il rischio strumentale del pericolo comunista per allargare il suo consenso.
segnalato da Alessandro Bruni
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