di Massimo Recalcati. Filosofo e analista lacaniano della società. Pubblicato nel blog dell'autore e in La Repubblica del 20 settembre 2022.
Il fenomeno dell’astensionismo elettorale ha caratterizzato costantemente gli ultimi decenni della nostra vita collettiva e si annuncia ancora più sintomaticamente rilevante nelle ormai imminenti elezioni. Si tratta di un fenomeno che richiede una lettura a più livelli.
Il primo livello è quello del grande tema dell’evaporazione della politica, ovvero del venire meno di un’idea alta, ideale, nobile e militante della politica. Noi viviamo, infatti, in un tempo che si caratterizza per un discredito diffuso nei confronti della politica. Essa non è più, come pensava Aristotele, l’arte delle arti, quella che rende possibile la vita della polis, ma è divenuta l’ombra triste di se stessa.
Il secondo strato, connesso profondamente al primo, è quello della de-ideologizzazione del voto. Da tempo assistiamo al declino della appartenenza ideologica dell’elettorato. Se, per un verso, tale declino ha comportato una maggiore libertà di giudizio e una maggiore fluidità degli elettori che non stabiliscono più legami di fedeltà “religiosa” con il proprio partito, per un altro verso ha anche comportato un fatale ridimensionamento della percezione soggettiva del proprio impegno civile. Il voto deideologizzato tende ad essere non solo un voto pragmatico, ma anche un voto che può tendere a disimpegnarsi dall’esercizio stesso del voto.
segnalato da Alessandro Bruni
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