Non sono un uno sportivo, non sono un tifoso, ma sono affascinato dal mistero della “comunione sportiva”. Lo sport (non voglio fare la storia dalle Olimpiadi della Grecia classica ai giorni nostri) dimostra di avere in sé un’enorme potenza unificatrice. L’esempio più eclatante sono gli italiani che si stringono periodicamente attorno al tricolore in occasione dei Mondiali di calcio. La forza primigenia dello sport si traduce anche in mito (e nello sport si possono incontrare gli ultimi “eroi” contemporanei), in racconto epico (Gianni Brera), in grande letteratura (Osvaldo Soriano).
C’era una volta, ma occorre andare indietro di alcuni decenni, in cui “la passione”, il sentirsi insieme, fianco a fianco, nel medesimo campo, la condivisione di un sogno collettivo, non era appannaggio solo dello sport. Per buona parte del ’900 la politica è stata il maggior catalizzatore di sogni, speranze e progetti. La politica, per chi la praticava in prima persona ma anche per chi assisteva come interessato spettatore ed elettore, ha rappresentato un enorme e inesauribile giacimento di passione collettiva.
Cattolici, liberali, comunisti, socialisti. Moderati, riformisti, massimalisti. Realisti e rivoluzionari. La scena era affollata (come e più di adesso), ma nella politica correva trasversalmente una passione collettiva, un sentimento comune che “il destino individuale” era strettamente legato a un “destino collettivo”.
I primi nomi che mi vengono in mente appartengono a famiglie politiche diverse e distanti: Giorgio La Pira (democristiano anomalo), Sandro Pertini (socialista), Lidia Menapace (prima democristiana, poi comunista), Enrico Berlinguer (comunista), Carlo Azeglio Ciampi (azionista).
Oggi non assistiamo semplicemente alla crisi dei partiti o alla crescente astensione elettorale, ma alla perdita di identità della politica. La politica, perdendo qualsiasi riferimento ideale e valoriale, smarrendo il necessario legame con l’aspirazione alla costruzione di un mondo diverso e migliore, sembra essere oggi un territorio disabitato. O abitato da tanti piccoli nani che si parlano tra loro e non riescono a comunicare nulla, tantomeno la passione, ai cittadini elettori.
Non mi pare che l’attuale classe politica, a destra, al centro, a sinistra, sia troppo preoccupata dalla scomparsa della passione.
Eppure una stagione nuova passerà solo da qui, da una politica che smette di occuparsi di beghe quotidiane o delle sempre prossime elezioni, ma ritrova la sua ragion d’essere: una politica che guarda in alto e scalda i cuori.
scritto da Francesco Monini, pubblicato in Madrugada 119 di settembre 2020