di Angelo Moretti. Pubblicato in Vita del 27 settembre 2022.
L’affermazione del partito di Giorgia Meloni, che in meno di cinque anni passa dal 4 al 26% può avere diverse letture fuori dagli schemi: la caparbietà premia sempre; essere strenuamente all’opposizione fa crescere l’appeal nel voto popolare; la politica del nuovo millennio resta un affare altamente liquido. Soffermandoci sull’ultimo punto c’è da dire che le elezioni 2022 non sono molto diverse da quelle del 2018. All’epoca il Movimento dei 5Stelle ebbe un exploit superiore al 32%, diventando improvvisamente primo partito di Italia, ma nel giro di un anno gran parte del consenso grillino era già transitato nell’alveo del sovranismo leghista, che alle europee 2019 toccò il suo massimo storico, passando dal 17% del 2018 al 34%.
Che nel Movimento ci fossero almeno due anime, una vicina a componenti e pulsioni anti-immigratorie e protezioniste che ammiccavano al movimento di Farage in Europa, ed una di “sinistra ecologista”, era chiaro, e guardando i dati elettorali possiamo dire che domenica abbiamo assistito alla scomposizione chirurgica di questa anima doppia: un quota a due cifre del voto ai 5 Stelle è approdato in Fratelli di Italia (circa il 12% dicono gli studiosi dei flussi), mentre la Lega si è sgonfiata.
segnalato da Alessandro Bruni