di Redazione. Pubblicato in Redattore sociale del 18 novembre 2022.
Gli ultimi dati sui suicidi nelle carceri e le tensioni emerse rappresentano solo la punta di un iceberg che è costituito anche dai limiti cronici della sanità penitenziaria. La Simspe – Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria - lavora da anni sul complesso sistema delle carceri, in cui ogni anno transitano oltre 100 mila persone, alle quali deve essere costituzionalmente garantito il diritto alla salute, obiettivo non semplice, complicato da un’organizzazione disomogenea, dal riferimento a due dicasteri, Giustizia e Salute, e alle organizzazioni sanitarie regionali.
“La grave carenza di personale sanitario e di formazione specifica, le difficoltà operative per il personale infermieristico, l’assenza di un reale coordinamento tra le regioni sono oggi i problemi principali, che si traducono in un’assistenza sanitaria segnata da gravi criticità, prima fra tutte la carenza di personale”. Questo uno dei principali messaggi emersi dal XXIII Congresso Simspe – Agorà Penitenziaria -, tenutosi a Roma il 17-18 novembre. Malattie infettive, psichiatriche e odontoiatriche, accreditamento socio-sanitario nelle comunità confinate sotto i riflettori.
“Il Covid-19 ha colpito la medicina penitenziaria non solo per il numero di contagi e le complesse attività di prevenzione e vaccinazione, ma per l’effetto dirompente della pandemia su tutto l’assetto sanitario nazionale e in particolare sulla medicina territoriale di cui la sanità penitenziaria fa parte – ha sottolineato Luciano Lucanìa, presidente Simspe –. Il passaggio delle competenze dal dicastero della Giustizia al SSN, avvenuto nel 2008 in modo disordinato, ha provocato una frammentazione tra i servizi che le diverse regioni sono in grado di erogare.
sintesi di Alessandro Bruni
per leggere l'articolo completo aprire questo link