di Luigi Viviani. Sguardi al futuro politico.
La preoccupante crescita dell’inflazione negli ultimi mesi che ha raggiunto un livello vicino al 12% come nel 1984, ha sollecitato l’interesse per il modo scelto allora per affrontarla attraverso l’accordo di concertazione di San Valentino del 14 febbraio 1984, tra i sindacati Cisl, Uil e corrente socialista della Cgil e il governo Craxi, con la netta opposizione del Partito Comunista e della medesima corrente Cgil. Un accordo complesso che comprendeva il raffreddamento di quattro punti di scala mobile per rallentare l’inflazione, oltre a una serie di impegni reciproci su riforma del mercato del lavoro per favorire nuova occupazione attraverso un rapporto salari -produttività, l’introduzione del contratto di solidarietà e altre misure per mantenere l’occupazione delle aziende in crisi, la politica industriale con interventi pubblici settoriali, e alcune modifiche del fisco.
Nonostante la profonda divisione sindacale e la dura opposizione comunista, da questa intesa, tradotta in Decreto-legge, si aprì la strada agli accordi di concertazione che diverranno lo strumento principale della politica economica e sociale dei governi Amato e Ciampi agli inizi degli anni 90. Contro l’intesa il Pci indisse un referendum abrogativo che si tenne nel giugno 1985 e che registrò una netta vittoria del No, cioè della conferma dell’accordo con il 54, 3% dei voti, mentre al Nord del Paese, dove maggiore era la concentrazione operaia, i No superarono il 60%. Questa intesa non ebbe soltanto un effetto formale ma contribuì in modo determinante alla drastica riduzione dell’inflazione che, in un anno, si ridusse dal 14 al 4,4%, salvaguardando il potere d’acquisto reale dei salari. Ma la rottura sindacale e politica non si rimarginò, tanto che questo risultato mise in crisi definitiva la debole unità d’azione della federazione Cgil-Cisl-Uil e spinse verso l’abolizione della scala mobile, che avvenne tramite un accordo triangolare tra il governo Amato e le parti sociali il 31 luglio 1992.
Oggi l’inflazione pur avendo raggiunto il medesimo livello di quel tempo ha cause molto diverse nel senso che è in gran parte importata per effetto dell’aumento dell’energia e delle materie prime, e richiede quindi risposte di segno diverso. Credo tuttavia che da quella esperienza derivi una lezione che può servire al sindacato e all’Italia di oggi. E sono anche convinto che l’effetto più positivo derivi dal riferimento a colui che probabilmente è stato il maggior protagonista di quella vicenda: il segretario generale della Cisl Pierre Carniti.
Egli era stato uno dei principali protagonisti dell’autunno cado del 1968-69, alla guida del sindacato metalmeccanici Fim-Cisl, che condusse contemporaneamente la duplice battaglia per il rinnovamento della strategia contrattuale del sindacato e dell’unità sindacale. Sul primo ambito fu un protagonista particolarmente combattivo del rinnovo contrattuale dei metalmeccanici del 1969 che introdusse una serie di nuovi diritti in fabbrica e nella società e che funzionò da punto di riferimento culturale e normativo nella definizione dello Statuto dei diritti dei lavoratori del 1970.
Fu dall’insieme di quelle battaglie che il sindacato italiano fu l’unico soggetto che riuscì a dare un sbocco riformista innovativo alle ai duri conflitti di quel periodo. In materia di autonomia e unità sindacale dei metalmeccanici come premessa dell’unità delle tre confederazioni, Carniti manifestò una strategia radicale e spinse per accelerare il processo di unità effettiva, attraverso la celebrazione dei congressi di scioglimento di Fim, Fiom; Uilm per costruire un unico grande sindacato unitario. Ma mentre Fim e Uilm celebrarono questi congressi di scioglimento, Trentin segretario generale della Fiom-Cgil, all’ultimo momento, comunicò agli altri due un messaggio di questo tenore: “Se volete fare l’unità sindacale, verrò io e qualche amico ma la Fiom non verrà perché il partito conta ancora troppo”.
Ciononostante, Carniti, divenuto poi segretario generale della Cisl, continuò a operare per la massima unità possibile con la Federazione Cgil-Cisl-Uil e anche l’accordo di San Valentino rappresenta una tappa di questo percorso di autonomia strategica e di tensione unitaria del sindacato. Egli assunse come quadro di riferimento l’elaborazione dell’economista Ezio Tarantelli, poi assassinato dalle BR, secondo il quale, nel caso di inflazione, frutto di cause endogene al sistema economico, la riduzione dell’indicizzazione avrebbe avuto effetti positivi, per cui si concordò il blocco di alcuni punti di contingenza. La scelta provocò una reazione durissima del Pci, che si vide estromesso da una scelta strategica che incideva direttamente sulla condizione dei lavoratori, e reagì, assieme alla corrente comunista della Cgil, con manifestazioni di protesta, fino al ricorso al referendum poi perduto.
Credo che il ruolo egemone di Carniti nella conduzione della trattativa con il governo Craxi, e nella decisione sull’intesa che, a prima vista, appariva come un semplice taglio dei punti di scala mobile, quindi un cedimento alla pressione padronale. Ma nonostante questa difficoltà oggettiva la decisa autonomia del leader della Cisl, la sua forte determinazione, fondata sulla conoscenza dei meccanismi che determinano l’inflazione, lo indusse a una scelta che sulla carta appariva persa in partenza, perché frontalmente condotta contro la forza del Pci. Tuttavia, i fatti, soprattutto attraverso il consenso della maggioranza dei lavoratori nel referendum. gli diedero piena ragione.
Sono convinto che anche oggi per combattere efficacemente la nuova inflazione, gli interventi finanziari per la riduzione delle bollette, sono necessari ma non sufficienti, e richiedono un tatto sociale con il quale i diversi protagonisti della vita economica e sociale del Paese decidono obiettivi di crescita e di nuova qualità sociale dello sviluppo per arrestare la preoccupante espansione delle disuguaglianze.
Un patto preparato da un grande accordo tra le parti sociali per definire un nuovo rapporto tra qualità del lavoro, produttività del sistema e livelli dei salari in un contesto generale di sostenibilità. Rispetto ai limiti e ai ritardi della situazione attuale dovrebbe essere soprattutto il sindacato ad assumere un ruolo di protagonista mettendo sui tavoli del negoziato i veri problemi dello sviluppo e del lavoro in gran parte sottovalutati e scarsamente affrontati. Sarebbe questo il modo migliore per rendere, nella nuova realtà di oggi, ancora attuale ed efficace la lezione di Carniti.