di Massimo Recalcati. Filosofo e analista lacaniano della società. Pubblicato nel blog dell'autore e in La Repubblica del 31 ottobre 2022.
Esaurite le reazioni a caldo sulla nuova denominazione del ministero dell'Istruzione voluta dal governo Meloni, ritengo opportuno tornare sul concetto di merito per provare a dare, mi si perdoni il gioco di parole, merito al merito. Nella maggior parte degli interventi pubblici orientati a sinistra sul tema, non può non colpire la cautela sospetta se non l'aperta demonizzazione di questa parola e del suo significato considerato alternativo all'inclusione se non decisamente classista. È la stessa allergia che la sinistra più ideologica mostra verso un'altra parola che si è rivelata decisiva per la vittoria politica della destra: sicurezza. Ogni volta che si usano le parole merito e sicurezza scatta una sorta di riflesso pavloviano di ripudio che sembra anticipare ogni possibile argomentazione. Si chiama, effettivamente, pregiudizio ideologico.
Per la sicurezza è quello che porta a percepire oscuramente l'uomo in divisa in quanto tale come un simbolo della repressione, per il merito è quello che condanna questa parola ad autorizzare alla diseguaglianza e alla crudeltà della selezione naturale. In realtà il merito, come è noto, è sancito come valore dalla nostra Costituzione (vedi articolo 34), con particolare attenzione verso gli allievi "privi di mezzi". I capaci e i meritevoli vengono riconosciuti come tali a prescindere dal ceto sociale di appartenenza, dal colore della pelle, dal proprio luogo di nascita, dal proprio credo religioso, ecc.
segnalato da Alessandro Bruni
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