di Rita Banzi, Antonio Clavenna e Giulio Formoso. Associazione Alessandro Liberati – Cochrane Affiliate Centre. Pubblicato in Forward di ottobre 2022.
Il fatto che non tutti i dati derivanti dagli studi clinici abbiano uguale visibilità e possibilità di essere conosciuti è un rischio noto da tempo e identificato come bias di pubblicazione: uno studio con risultati positivi ha una probabilità maggiore di essere pubblicato rispetto a studi con esiti negativi o nulli, tanto più se la differenza osservata tra i gruppi di trattamento è marcata. Questa distorsione è dovuta sia allo scarso interesse da parte delle riviste scientifiche nel pubblicare studi con esito negativo, sia alla riluttanza da parte dei ricercatori (e ancor più da parte di chi finanzia gli studi) nel condividere questi risultati.
La mancata pubblicazione dei risultati degli studi clinici ha diverse implicazioni. La prima è di tipo etico, in quanto rappresenta un tradimento del patto tra ricercatori e partecipanti allo studio: chi prende parte a una sperimentazione, se adeguatamente informato (spesso purtroppo non è così), accetta l’incertezza dei benefici e dei rischi del trattamento che gli sarà assegnato, in base al fatto che la conoscenza prodotta grazie allo studio dovrebbe/potrebbe produrre dei benefici per lui e per la comunità dei pazienti/cittadini. Se non vengono resi disponibili i risultati di quello studio, viene meno la condivisione della conoscenza e di conseguenza chi ha partecipato potrebbe avere affrontato inutilmente i rischi (di effetti avversi o di mancato beneficio). Non solo, ma altri pazienti potrebbero essere esposti agli stessi rischi, nel momento in cui gli esiti non sono disponibili.
La pubblicazione selettiva può inoltre distorcere le stime riguardanti l’efficacia, la sicurezza e la tollerabilità di un intervento.
sintesi di Alessandro Bruni
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