di Michele Ambrogio. Pubblicato in Pressenza del 1 dicembre 2022.
Nei prossimi anni si assisterà ad un calo demografico importante e conseguenti tagli di personale scolastico e di istituti. La manovra 2023 è un primo passaggio ad un percorso che porterà ad una situazione piuttosto diversa nel 2034.
Nei prossimi dieci anni, leggo su Il Messaggero, entro il 2034, ci saranno 1,4 milioni circa di bambini e ragazzi tra i tre e i diciotto anni in meno. Un calo di oltre 100 mila alunni l’anno.
Da qui a 8 anni, ne consegue, che saranno tagliati circa 600 istituti, mentre il numero degli attuali dirigenti scolastici sarà quasi dimezzato.
Già con le relazioni che riguardano il Pnrr è stato quantificata una perdita di personale scolastico di circa 60 mila unità.
La notizia affianca la classifica di Eduscopio, che stila una hit parade delle scuole, misurandone i risultati; alcuni, come quelli ottenuti dagli studenti che ne escono per accedere all’università, sono dati rilevati con imparzialità. Dalle scuole si esce con un voto, e si cerca lavoro (i numeri di questa ricerca sono noti) o si va all’università, dove si conseguono altri risultati.
Leggo una critica soft alla presunzione di queste classifiche: un giudizio valutativo non è una conta, non può limitarsi alla registrazione di quantità. Ebbene, la stessa difesa d’ufficio si estende ai tagli legati al calo demografico: il numero delle scuole diminuisce con gli alunni e, poi, dopo aver fatto i conti coi numeri, verrebbe una valutazione e infine intervento mirato alla qualità.
sintesi di Alessandro Bruni
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