di Elisabetta Listorti. Centre for research on health and social care management. Università Bocconi di Milano. Pubblicato in Forward, ottobre 2022.
Nel 1940 veniva pubblicato il primo articolo scientifico che documentava l’effetto per cui dopo il decesso di un individuo si osserva un aumento delle probabilità di decesso del suo coniuge. Da allora tante cose sono cambiate, di cui molte, come l’aumento dell’aspettativa di vita, non fanno che aumentare l’interesse per il tema della salute dei coniugi.
Nell’ultimo decennio sono aumentati gli studi che allargano il focus concentrandosi sull’intero periodo che anticipa il decesso, e dunque su un’idea più ampia di peggioramento di salute. La letteratura così arricchita ci dice che i coniugi si influenzano reciprocamente nelle loro storie di salute. Esemplificativo di un possibile esito negativo di tale processo è quanto accade nelle coppie anziane in cui uno dei due vive un’esperienza di malattia debilitante e il coniuge “sano” si ritrova rivestito del ruolo di caregiver.
Gli studi menzionati analizzano principalmente coppie unite dal vincolo matrimoniale, riferendosi a un periodo storico in cui questo riconoscimento istituzionale del rapporto di coppia era comune. Oggi potremmo estendere queste considerazioni, rivolgendoci a tutti quei soggetti che scelgono di accompagnarsi con stabilità con una configurazione visibile nella società, basata su diritti e impegni reciproci. Sposarsi, accompagnarsi, significa scegliere di crescere insieme: ma che succede quando questo impegno si traduce in un accudimento di lunga durata?
sintesi di Alessandro Bruni
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