Raccolta dal web a cura di Alessandro Bruni
- Manovra. Patto per nuovo welfare: “Nemmeno una riga per i 10 milioni di non autosufficienti” “Le righe mancanti sono tutte quelle interessate alla non autosufficienza, tra gli anziani coinvolti, i loro familiari e gli operatori professionali”. Le 52 organizzazioni del Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza presentano le proprie proposte per modificare la Legge di Bilancio. “Queste proposte costano poco, come la fase attuale del Paese richiede, ma sarebbero di grande utilità sociale”. Leggi su quotidiano sanità
- Saraceno: «La destra sociale si occupava di periferie, Meloni dei ceti medio-alti» La sociologa, esperta di povertà, che aveva guidato il Comitato scientifico di valutazione del reddito di cittadinanza per il Governo Draghi, analizza la Manovra dell'esecutivo. Le scelte su quota 103 e flat tax documentano la virata della destra verso le classi più agiate. “Bene che sul reddito abbia preso tempo”, spiega, “si renderà conto che la Commissione europea va in un'altra direzione”. Leggi su vita.it
- Una manovra finanziaria attenta alla famiglia ma scarsamente incisiva sulle dinamiche demografiche Il disegno di legge di bilancio appena approvato dal Consiglio dei ministri prevede alcune misure a sostegno delle famiglie e della natalità. Quale impatto potranno avere sulle dinamiche demografiche? Alessandro Rosina ci pone alcune riflessioni su tre aspetti rilevanti: l’autonomia dei giovani, la conciliazione tra famiglia e lavoro e l’efficacia dell’assegno unico. Leggi su neodemos
- Riforma del RdC. Bene il rinvio delle riforma, male la misura ponte. Il nodo della "occupabilità". Due utili contributi su LaVoce. -Reddito di cittadinanza: bene rinviare la riforma, male l’intervento transitorio Il Governo ha giustamente deciso di prendersi più tempo per riformare in maniera adeguata il Reddito di cittadinanza. Le modifiche che entreranno in vigore nel 2023, però, rischiano di far ripetere gli errori fatti in passato. Leggi tutto su la voce - Si fa presto a dire occupabili Il Governo intende eliminare già a partire dal 2023 il Reddito di cittadinanza ai soggetti cosiddetti occupabili. Si tratta di una definizione ampia, che non tiene in considerazione le carenze di soggetti solo virtualmente in grado di lavorare. Leggi tutto su la voce
- Il lavoro cambia e cerca generatività e inclusione. Quando le imprese – una volta allentate le limitazioni della pandemia – hanno ripreso a cercare lavoratori e lavoratrici, trovandosi davanti una drammatica indisponibilità soprattutto dei giovani, un tema sotteso e fino a quel momento sottotraccia è esploso in tutta la sua evidenza. Il mondo del lavoro è cambiato. Sia se si guarda alle attese giovanili sia se si analizzano le mutazioni in atto tra smart working, conciliazione, pari opportunità, clima aziendale, benefit e welfare aziendale. È cambiato anche il clima culturale. Leggi su vita
- Manca manodopera, “per uscire dall’emergenza favorire l’immigrazione regolare”. L’analisi della Fondazione Moressa nel rapporto sull’economia dell’immigrazione, presentato oggi. “Italia agli ultimi posti in Europa per occupazione femminile e giovanile. Per tornare ai livelli pre-Covid servono 534 mila lavoratori, di cui 80 mila stranieri”. Impatto fiscale delle popolazione immigrata ancora attivo: +1,4 miliardi di euro. Leggi su redattoresociale
- Reddito di cittadinanza. Se la povertà diventa una colpa. È sempre più chiaro perché il nuovo governo abbia voluto il merito tra le sue parole-chiave. Ce lo rivela anche il programma di ridimensionamento (da subito) ed eliminazione (dal 2024) del Reddito di cittadinanza (Rdc), perché il merito che giustificherebbe la riscossione del reddito sarebbe l’impossibilità di lavorare pur volendo lavorare. Se, invece, pur potendo lavorare qualcuno decide di non farlo, gli sarà tolto “anche quello che ha”. Nell’immaginario di chi ci governa, tra quel un milione circa di cittadini – che percepiscono in media attorno ai 500 euro mensili – ci sarebbe dunque una significativa quota di colpevoli. Poi, uno guarda i dati e si chiede da dove provenga questa convinzione. Chi conosce almeno alcune delle famiglie percettrici di Rdc, sa benissimo che se queste persone non lavorano è quasi sempre per qualche ragione seria, ragioni complesse, ma la distanza tra i govern anti e i poveri veri è un grande problema della democrazia. Leggi su Avvenire
- Il "Rapporto giovani" dell'Istituto Toniolo compie dieci anni. Con l’edizione del 2022 si rafforza l’impegno del “Rapporto giovani”, curato dall'Istituto Toniolo, ad essere uno strumento utile per leggere la realtà variegata, complessa e in continua evoluzione delle nuove generazioni. Il testo presenta nella prima parte i quattro fronti su cui si giocano le sorti della ripresa in Italia: le nuove modalità di formazione e le nuove competenze; i nuovi lavori; i nuovi nuclei familiari; le nuove forme di partecipazione sociale. Nella seconda parte si approfondiscono condizione e aspettative delle categorie alle quali il Pnrr si rivolge: oltre ai giovani, le donne, chi vive al Sud e nelle aree economicamente meno dinamiche del Paese. Si aggiunge un focus sulla componente straniera dei giovani che vivono nel nostro Paese. - L'articolo completo uscito sul Corriere della Sera, Una sintesi nel sito dell'Istituto Toniolo, La scheda del volume nel sito dell'editore
- In un Paese di vecchi i giovani sono fuori legge. In un paese di anziani, che si fingono eterni giovani e sono infastiditi dai giovani veri, dove nascono pochi figli, dal quale i giovani migliori emigrano, si avverte una emergenza giovani. Da troppo tempo le istituzioni non si preoccupano dei giovani, della loro domanda di politiche che garantiscano opportunità formative, spazi dove esercitare la creatività e coltivare interessi culturali, artistici e musicali, di università economicamente accessibili, di attenzione per l’ambiente, di contrasto al disagio sociale, di opportunità lavorative. Leggi l'articolo di Cinzia Datoù su Il Domani, ripreso da ristretti
- I Neet non sono solo “sdraiati sul divano”: le riflessioni di Chiara Saraceno. La maggior parte dei “Neet” in Italia è inattiva: non solo non studia, non si forma e non ha lavoro, ma neanche è in cerca di occupazione o formazione. È quanto emerge dal Rapporto “Neet tra disuguaglianze e divari. Alla ricerca di nuove politiche pubbliche”, presentato da ActionAid e Cgil. Il Rapporto dedica uno specifico approfondimento ai giovani Neet a bassa istruzione e con una condizione familiare debole dal punto di vista sia economico sia di capitale sociale. L’attivazione, tanto spesso evocata quando si tratta di soggetti vulnerabili, come se la loro situazione fosse conseguenza di una loro personale passività e mancanza di iniziativa, in realtà dovrebbe riguardare innanzitutto le agenzie che essi incontrano, o dovrebbero incontrare, nel processo di sviluppo delle capacità e di entrata nella vita adulta: nello specifico, scuola e centri per l'impiego. Leggi su redattoresociale