di Redazione di Vita. Intervista a Ugo Morelli. Pubblicato in Vita del 26 novembre 2022.
A Ugo Morelli, cognitivista e psicologo delle organizzazioni, che ha commentato su Twitter l'affermazione del ministro Valditara a proposito del valore educativo delle punizioni che umiliano, abbiamo chiesto di approfondire il suo pensiero per VITA.
Umiliare vuol dire in sostanza mortificare. Operare cioè una manifestazione di superiorità e di attribuzione di insignificanza nei confronti di un’altra o di un altro. Ora noi sappiamo che ogni individuazione soggettiva è possibile grazie alla relazione di riconoscimento che stabiliamo con gli altri. Quando poi gli altri sono figure rilevanti per la nostra crescita, come dovrebbero essere e di fatto sono le insegnanti e gli insegnanti, la relazione diviene fonte di sviluppo e riconoscimento. Siamo esseri intersoggettivi e apprendiamo grazie al sostegno che nel rapporto con gli altri ci aiuta a combinare emozioni e cognizione. Dietro ogni pensiero c’è un’emozione e se le emozioni che viviamo sono mortificanti, non solo non facilitano l’accesso alla conoscenza, ma ostacolano l’espressione di sé e la via per crescere ed emanciparsi.
La via dell’umiliazione di fronte agli altri poi, ha in aggiunta l’aggravante di produrre esclusione ed emarginazione a livello di gruppo, alimentando relazioni prevaricanti e favorendo la disuguaglianza. In una scuola, quella italiana, che già soffre non pochi problemi di efficacia educativa e che tende ad escludere alimentando l’impoverimento educativo anziché contenerlo e superarlo, la proposta dell’ umiliazione come metodo educativo finisce per diventare una specie di prescrizione del sintomo.
sintesi di Alessandro Bruni
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