di Anna Spena. Pubblicato in Vita del 27 dicembre 2022.
Dei 7 ragazzi evasi il giorno di Natale dall’istituto penale per i minorenni Cesare Beccaria di Milano, quattro sono ancora ricercati. «Il carcere minorile dovrebbe essere un “pronto soccorso” per i ragazzi», spiega il presidente di Fondazione Exodus. «Devono starci al massimo qualche ora e poi devono essere indirizzati in strutture rieducative organizzate in piccoli gruppi. E sia chiaro: i ragazzi non devono scontare nessuna pena, ma confrontarsi con i loro errori»
I ragazzi, dai 17 ai 19 anni, avrebbero approfittato dei lavori in corso per aprirsi un varco nella recinzione e poi scavalcare il muro di cinta. «Dobbiamo fare una riflessione seria», dice don Antonio Mazzi, presidente di Fondazione Exodus. «Il carcere minorile, così com’è sviluppato oggi, non funziona. Non va bene. Il carcere minorile dovrebbe essere un “pronto soccorso” per i ragazzi. É un sos in cui i ragazzi devono stare poche ore, al massimo un giorno. E qui uno staff di specialisti ed educatori dovrebbe poi indirizzarli verso strutture diverse».
Una soluzione potrebbero essere le comunità per minori? «Assolutamente no», spiega don Mazzi, «quelle sono un’altra cosa e sarebbe sbagliato confondere piani, difficoltà ed esigente diverse. Abbiamo bisogno di strutture piccole - massimo tre ragazzi alla volta - con educatori preparati ad accogliere questi ragazzi. E sia chiaro, non parliamo di strutture penitenziare, ma rieducative. I ragazzi devono scontare errori, non pene. Dobbiamo anche cambiare linguaggio se vogliamo impegnarci per una trasformazione reale, quindi la parola pena va abolita. Aggiungo che ipotizzare un numero dispari di ragazzi per ogni struttura non è una scelta casuale, le coppie non vanno mai bene».
sintesi di Alessandro Bruni
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