di Sabina Pignataro. Pubblicato in Vita.it del 10 gennaio 2023.
Giulia sognava di diventare una manager, ma poi si è ritrovata a fare un tirocinio in una Rsa e si è innamorata: «Essere utile agli altri mi fa stare bene, così ho cambiato il mio sogno».
Martina, 24 anni, parla di una “epifania" avvenuta durante il servizio civile. A dispetto di tante narrazioni, i giovani amano lavorare accanto agli anziani più fragili.
Dell’importanza di non farsi travolgere, per non perdersi nel groviglio della relazione, è convinta anche Giorgia, 25 anni. «Per lavorare con gli anziani – spiega- non basta essere brave persone, occorre maturare esperienza da trasformare poi in competenza: serve un’attenta osservazione, un ascolto attivo e un pizzico di sensibilità»
Chiara, 30 anni, ha iniziato a lavorare con gli anziani per caso. «Una mia amica mi ha detto: abbiamo bisogno qui a Milano, vieni?». E così ha lasciato la sua città. La gioia più grande di questo lavoro, racconta mentre dialoga con i pazienti di Alzheimer, «è vedere che nonostante la malattia, tu diventi un punto fermo, l’abbraccio sicuro per qualcuno». La parte più faticosa, al contrario, «è la responsabilità di sapere di essere una delle persone che riempiono le giornate nell’ultimo momento della vita di una persona».
Vito, 26 anni, ha sempre voluto fare questo lavoro. «Ricordo che nei primi giorni da tirocinante la mia tutor mi disse: “Sii un girasole accanto ai salici piangenti”». «Per un giovane, non è semplice questa scelta perché molte sono le critiche che vengono sollevate (soprattutto dai coetanei) e con cui quotidianamente mi scontro: la poca e limitata crescita professionale, la monotonia, lo stipendio». Eppure, dice, mi ha insegnato ad accogliere il giorno nuovo come un dono.
Alice, 26 anni. «Per me lavorare con gli anziani significa entrare nelle stanze al mattino per dare un sorridente buongiorno; tirare le tende per far entrare il sole e abbassare lentamente le coperte sulle gambe calde di un anziano ancora assopito; riuscire a strappare un piccolo sorriso a labbra ormai scalfite dalla tristezza; far parlare un uomo la cui voce non si sentiva più da tempo; tingere le unghie o le labbra di rosso ad una donna che si sente morta dentro, facendole capire quanto sia bella ai nostri occhi». «Ahimè però, non è sempre rose fiori, ci si trova spesso a dover fare i conti con dei mostri invisibili quali la morte, la malattia, la sofferenza. Ma è un lavoro che va contro le leggi della matematica: più dai, più ricevi».
sintesi di Alessandro Bruni
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