di Redazione su alcune opere pubblicate da Luigina Mortari.
Luigina Mortari insegna Epistemologia della ricerca qualitativa presso la Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università di Verona e Fenomenologia della cura presso il dipartimento di Scienze umane della stessa università. Ha pubblicato: A scuola di libertà (2008), Filosofia della cura (2015), La sapienza del cuore (2017), Aver cura di sé (2019) e La politica della cura (2021).
L’autrice riflette sull’arte di esistere, intesa come capacità di dare senso al tempo e di condurre una vita autentica a partire dalla conoscenza della propria interiorità, che si può raggiungere solo mediante il confronto con il mondo esterno. Riattualizzando il senso della cura di sé, fondamentale nell’antichità ma oggi sintomo di individualismo e di ripiegamento interiore, ne sottolinea la valenza etica e sociale, facendo proficuamente dialogare i pensatori dell’età classica con la fenomenologia del Novecento.
Esistono cose essenziali per la vita umana. La cura rientra nell’ordine delle cose essenziali, perché per dare forma al nostro essere possibile dobbiamo aver cura di noi, degli altri e del mondo. Il nostro modo di stare con gli altri nel mondo è intimamente connesso con la cura che abbiamo ricevuto e con le azioni di cura che mettiamo in atto. Siamo quello che facciamo e quello di cui abbiamo cura. È irrinunciabile aver cura della vita, per conservarla nel tempo, per farla fiorire e per riparare le ferite dell’esserci. Poiché la vita umana è fragile e vulnerabile, il lavoro di cura è intensamente problematico; il primo compito di una filosofia impegnata a cercare la misura di senso dell’esperienza consiste dunque nel prendere in esame il fenomeno della cura al fine di comprenderlo nelle sue qualità essenziali. Si tratta di comporre, secondo il metodo fenomenologico, una teoria descrittiva della cura che possa costituire lo sfondo per disegnare una valida politica dell’esperienza.
Si nasce senza una forma definita e con il compito di dare senso al tempo che ci è dato di abitare il mondo. Con il venire al mondo siamo chiamati alla responsabilità ontologica di aver cura della vita. Aver cura significa rispondere al bisogno di “ulteriorità”, che si traduce in un progetto di futuro in cui le potenzialità dell’esserci possano fiorire. Poiché all’essere umano non è data sovranità sulla sua esperienza ma sempre è dipendente da altro, il prendersi a cuore la vita non può che attualizzarsi nell’aver cura di sé, degli altri e del mondo.
La cura costituisce la qualità essenziale della condizione umana, ma non è qualcosa che ci appartiene, come il corpo e la mente; è il nostro esserci, il nostro modo di stare nel mondo con gli altri, al quale siamo chiamati a dare forma. L’esserci è una tensione continua a ricercare quello che è necessario per conservare la vita, per farla prosperare e per guarire le ferite ricevute.
saggi segnalati e a cura di Samuele Pedrazzini