di Redazione di Il Punto. Pubblicato il 2 febbraio 2023.
La Regione Piemonte ha recentemente avviato un progetto per rendere possibile alle associazioni pro-vita di fare attività all’interno dei consultori, una decisione che inevitabilmente esprime una precisa posizione rispetto ai diritti riproduttivi delle donne. L’incontro ha deciso di concentrarsi a partire dalle riflessioni delle tre invitate: Franca D’Agostini, Giuliana Galli e Tullia Todros.
La prima a prendere parola è stata Giuliana Galli la quale è partita proprio da una riflessione sull’essere donna e soprattutto su cosa comporta per ogni singola donna esistere. Perché – fondamentalmente – il discorso sull’aborto non può prescindere dal vissuto della donna che si trova davanti a una tale scelta, la quale ovviamente ha a che fare con la vita e il valore della vita. Da queste riflessioni Giuliana Galli è riuscita a far emergere tutte le implicazioni profonde e sociali di una scelta come quella dell’aborto, verso la quale è impossibile assumere una posizione netta. Forse l’unica risposta possibile è che le donne dovrebbero essere istruite, educate e messe nella posizione di non dover fare certe scelte o quantomeno di farle in maniera informata e consapevole. In alcuni contesti e con determinate condizioni non si può parlare di aborto come male minore ma come unico bene possibile.
Successivamente ha preso la parola Tullia Todros che ha incentrato il suo intervento sulla salute riproduttiva della donna e sulle condizioni che possono interferire nel mantenerla o nel promuoverla. Perché garantire un aborto libero e sicuro vuol dire soprattutto garantire la salute materna prevenendo i tanti esiti negativi di aborti condotti senza le adeguate precauzioni, come per esempio l’infertilità. In Italia la salute riproduttiva della donna viene garantita sulla carta dalla legge 194 del 1978. Ma capire in quale misura questa legge viene applicata non è semplice perché mancano dati aperti e intelligibili. Ci sono altri due aspetti fondamentali che non vengono però garantiti in Italia: l’informazione sui metodi, sui vantaggi e gli svantaggi dell’aborto farmacologico e di quello chirurgico, e l’accesso all’aborto farmacologico in regime ambulatoriale.
L’aborto, filosoficamente parlando, ha continuato Franca D’Agostini, può avere delle soluzioni oggettive da tre punti di vista. Il primo è quello politico-giuridico e quindi dei diritti: in questo senso la legge 194 stabilisce che nel primo trimestre di gravidanza i diritti della madre prevalgano su quelli dell’embrione. Il secondo punto di vista è quello etico-pratico che, affrontato secondo la filosofia morale, sostiene che se lo Stato consente una determinata azione, allora tale azione si configura come morale anche per il soggetto che la compie. Il terzo e ultimo punto di vista è quello esistenziale, che obbliga a tenere in considerazione la portata enorme che prevede la scelta di far nascere un figlio, partorirlo e prendersene cura. Seguendo questi ragionamenti si può arrivare a sostenere che, entro i tre mesi di vita embrionale, il soggetto non sia ancora un essere umano formato i cui diritti vanno tutelati, per cui prevalgono quelli materni, mentre in seguito al pieno sviluppo fetale esso diventa un soggetto a tutti gli effetti, cittadino il cui Stato si impegna a far sì che i suoi diritti vengano garantiti.
Un aspetto fondamentale condiviso è la sospensione del giudizio: il ruolo dell’operatore sanitario è quello di accompagnare la donna nella sua scelta senza giudicarla: non basta garantire un aborto sicuro, bisogna impegnarsi per assicurare la possibilità di scegliere senza sentirsi giudicate dalla società.
sintesi di Alessandro Bruni
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