sintesi di Alessandro Bruni tratta da articoli dei media sulla Giornata della Memoria.
La vittima, il persecutore e la necessità della riflessione storica
Intere generazioni di studenti hanno completato il loro percorso formativo celebrando il Giorno della memoria. La ricorrenza si è conquistata un suo spazio nell’ambito delle feste civili: un impatto positivo, che non esime però dalla riflessione critica. Una questione è stata evidenziata dallo storico Gadi Luzzatto Voghera: “Si è trasmesso un modello molto netto vittima/persecutore, ma se nel processo di istruzione non si problematizzano le figure e le situazioni sociopolitiche- L’esito è sempre il medesimo: la descrizione di una meta-realtà storica”. Una realtà storica senza sfumature, su cui si può costruire un universo simbolico manipolabile, per cui esistono solo vittime e persecutori: chi si sente vittima si paragona agli ebrei, e i suoi persecutori non possono che essere nazisti. Un abuso della storia, che azzera la storia della Shoah. Dappertutto si vede il “complotto mondiale”, esito paradossalmente simile a quello della tesi negazionista, che all’opposto il “complotto mondiale” lo definisce “ebraico”. Ma in entrambi i casi lo schema interpretativo del mondo è la “macchinazione” da parte del “carnefice”, e la storia è completamente distorta. Quel che serve è la trasformazione della memoria in conoscenza, in comprensione storica. Ciò vale anche per un’altra questione. La legge istitutiva del Giorno della memoria ha una lacuna, evidenziata dallo storico Michele Sarfatti: il testo menziona i “campi nazisti” ma non la parola “fascismo”. Condanna “la persecuzione italiana dei cittadini ebrei”, quasi ad additare una responsabilità del Paese in generale, ma è silenziosa sulle responsabilità specifiche del regime. La legge si propone di ricordare i soccorritori, i salvatori di vite. Ma non nomina gli “ingiusti”, i fascisti contro cui i “giusti” si opponevano. Giorgio Pagano, MicroMega del 27 gennaio 2023.
Cosa rimane della Shoah senza i suoi sopravvissuti
Sono già molti anni che ci si è cominciati a domandare quale sarà il destino della memoria della Shoah una volta che tutti i sopravvissuti saranno scomparsi. Una svolta inevitabile, dovuta allo scorrere inesorabile del tempo, che non tiene conto delle nostre necessità e che falcia, l’uno dopo l’altro, i sopravvissuti. Dal processo Eichmann in poi, i testimoni sono parte essenziale della costruzione memoriale, ma non sono l’unica fonte a cui risalire. Il terreno principale su cui coloro che sono intenzionati a mantenere e a costruire la memoria della Shoah devono muoversi è, credo, quello della storia. Anna Foa, Domani del 12 gennaio 2023.
Giornata della memoria: Russia remember?
Mai una volta che i russi dicano una verità, o almeno una mezza verità, va così dal secolo scorso ma ogni volta a me stupisce e mi sorprende il sordo silenzio dei nostri media. Oggi l'ambasciatore russo in Germania indica «il completo rifiuto della Germania di riconoscere la responsabilità storica» per i crimini nazisti. Una enormità su cui, in occasione della Giornata della memoria, sarà bene far luce. Nel dopoguerra decine di migliaia di criminali di guerra tedeschi e dei loro collaboratori furono processati in Germania o nelle nazioni che la Germania aveva occupato e negli Stati Uniti. Il problema è il fatto che invece la Russia e i Russi non hanno mai fatto i conti con la marea di crimini compiuti dal Regime sovietico prima e dal putinismo poi, dalla Cecenia alla Siria. Riccardo Bonacina, Vita del 25 gennaio 2023.
Come si combatte davvero il razzismo
Ma gli italiani, gli europei, sono ancora razzisti? Credo che nessuna persona di buon senso e in buona fede possa davvero sostenere che il pericolo del razzismo sia ancora dietro l’angolo o nella pancia del paese. Non c’è nessun partito razzista, nessuna forza sociale razzista, nessuna minaccia alle istituzioni di tipo razzista. I casi di omicidi o violenze a sfondo razziale sono pressoché inesistenti rispetto a quelli a sfondo sessuale, i femminicidi, la violenza comune o per rapina. A voler stilare una classifica dei mali di cui soffre la nostra società viene fuori un campionario ricco e sconfortante: l’egoismo e il chiudersi nei propri interessi, la ringhiosa solitudine di massa, la depressione e la diffidenza verso il prossimo, la paura e il rancore, la tendenza all’odio e al disprezzo ma ad personam, mai per ragioni razziali. Credo che non esista più l’odio militante nei confronti degli ebrei; c’è invece una residua antipatia per la ripetizione ossessiva che i media e le istituzioni fanno della Shoah, dopo 80 anni. Marcello Veneziani, La Verità del 29 gennaio 2023.
Shoah, la memoria non sia cimitero
Si può pensare alla memoria come a una sorta di cimitero dei ricordi: la memoria baule, la memoria soffitta, dove stanno ammassati inerti – diciamo così – gli oggetti del nostro passato e le loro tracce. C'è un'altra versione della memoria che invece ci rende responsabili del nostro passato; significa impossessarsi del suo ricordo, cioè farlo vivere oggi. Siamo noi responsabili di ciò che è accaduto; siamo noi responsabili di quanto ciò che è accaduto continua a esistere o meno; siamo noi responsabili del nostro passato e significa farsi responsabili della memoria del nostro passato, dunque fare esistere la memoria al futuro. Dobbiamo pensare la memoria al servizio della vita o cancellare gli eventi del passato, soprattutto quando questi eventi – come quello della Shoah – appaiono nel loro straziante orrore e ci investono di una responsabilità assoluta. Tutto il contrario. Se noi siamo responsabili del passato, siamo anche responsabili di non cancellare quello che è accaduto. Questo avviene attraverso i nostri atti, avviene attraverso quello che noi adesso facciamo. Il nostro modo di vivere adesso il presente è il risultato di una interpretazione del passato, di una interpretazione della nostra memoria. Massimo Recalcati, La Stampa del 28 gennaio 2023
Perchè dobbiamo nominare il male
Liliana Segre ha affermato: “Fra qualche anno della Shoah ci sarà una riga nei libri di storia, e poi nemmeno quella”. È possibile evitare un simile esito? Cominciamo col dire che dare un nome agli eventi è essenziale. Significa com-prenderli, prenderli con, farli propri: un evento, che prima era fuori dalla mente, poi, mediante il nome attribuito, le entra dentro e, da oggetto muto, assume un significato. La Shoah è la catastrofe consistente nel genocidio del popolo ebraico. Prima della Shoah vi furono altri genocidi? Almeno due: quello degli armeni a opera della Turchia dal 1915 al 1916 con 1,5 milioni di vittime, e quello pianificato da Stalin contro gli ucraini con la grande carestia del 1933-34 detta Holodomor con 3,5 milioni di vittime. Il che dimostra che esiste un profondo legame tra le forme di male estremo che gli umani sono capaci di commettere, ed è compito del pensiero individuare tale legame. Non esiste una gradazione nella sofferenza… non esiste dunque alcun genocidio peggiore di un altro. Si diventa maturi quando si includono le sofferenze degli altri nella nostra memoria. La Giornata della Memoria trasformata in “Giornata Shoah e della prevenzioni dei genocidi” ce lo potrebbe ricordare con maggiore efficacia, evitando così che la Shoah si riduca a una riga nei libri di storia e poi un giorno neppure a quella. Vito Mancuso, La Stampa, 27 gennaio 2023.
Quel che resta del nazismo e del fascismo
Il 30 gennaio 1933 i nazisti conquistarono il potere. Ma oggi per le strade di Berlino del Fuhrer non rimane quasi più traccia. Mentre quelle di Roma sono piene di vestigia del Dux. L'antisemitismo sterminatorio è un fenomeno soprattutto tedesco. Ma contagiò anche altri. Secondo gli storici, circa 260 mila persone furono coinvote nella Shoah, dagli ufficiali delle SS ai ferrovieri che guidavano i treni della morte: 190 mila erano tedeschi. Ma per il resto erano croati, belgi, lituani, ungheresi, polacchi, italiani. Insomma europei. In Germania la lezione del 30 gennaio 1933 sembra viva. Una delle ragioni fondative della Germania unificata nel 1990 è stato proprio il rifiuto del nazionalismo radicale. In Italia, ricorda Tommaso Speccher, filosofo e autore del libro La Germania sì che ha fatto i conti col nazismo (Laterza), è avvenuto l'opposto: con la Seconda Repubblica e il bernusconismo è sparito l'antifascismo come collante dell'arco costituzionale. Il fascismo è stato sdoganato. Dalla capitale a Bolzano i simboli del fascismo sono quasi tutti in bella vista. Impensabile cancellarli ora, ma se c'è chi li onora, qualcuno prova a risignificarli. Lo slogan "non si cancella il passato" non può chiudere la questione, "come se intitolazioni e simboli fossero libri di storia, e come se non esistessero altre possibilità che conservare o cancellare" scrive Giulia Albanese con Laura Ceci in I luoghi del fascismo. Memoria politica rimozione (Viella). Il volume nasce dalla mappatura di monumenti, architetture, opere d'arte, nomi di strade che celebrano o ricordano il regime fascista. Non è solo una raccolta "fotografica" ma una raccolta di memoria che ancora esprime sentimenti sociali rievocativi o cancellati (la memoria è frutto di una elaborazione di sentimenti, più che di fatti). La rimozione italiana fa comodo a tutti: una grande autoassoluzione, un voler dimenticare la memoria con il cambio di significato. Come la statua del Genio del fascismo ribattezzata in Genio dello sport in una piazza dell'Eur a Roma. Tratto da La storia dentro Berlino di Tonia Mastrobuoni e Michele Gravino, Il Venerdì del 27 gennaio 2023.
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