di Alessandra Vescio. Pubblicato in Valigiablu del 6 febbraio 2023.
ndr. La crisi del sistema sanitario inglese sembra avere molte assonanze con quello italiano: si stanno percorrendo situazioni comuni con comuni incapacità a trovare soluzioni per il bene dei cittadini. Sul tema si legga il seguente articolo pubblicato in Vita del 19 gennaio 2023.
Un sistema in crisi
Per contrastare la crisi del sistema sanitario, il governo guidato da Rishi Sunak ha proposto alcune misure di intervento che, a detta del Ministro dell’Economia britannico Jeremy Hunt, hanno lo scopo di rafforzare l’NHS (National Health Service).
Secondo un’analisi pubblicata dalla fondazione Health, la spesa sanitaria media giornaliera per persona sostenuta dal Regno Unito tra il 2010 e il 2019 è stata all’incirca pari a 3005 sterline, il 18% al di sotto della media del gruppo di paesi europei conosciuto come EU14, ovvero le 14 nazioni che sono entrate a fare parte dell’Unione Europea prima del 2004. Solo quattro paesi hanno speso meno del Regno Unito: Spagna, Grecia, Portogallo e Italia. Secondo la British Medical Association, sindacato e organizzazione professionale dei medici nel Regno Unito, gli investimenti fatti lo scorso decennio non sono stati adeguati alla domanda e alle necessità del paese.
Una delle principali conseguenze della riduzione degli investimenti nella sanità è la disponibilità di posti letto negli ospedali. Il numero di posti letto a disposizione negli ospedali inglesi nei dieci anni che hanno preceduto la pandemia è diminuito notevolmente.
La forte pressione che la pandemia ha poi generato sugli ospedali e la necessità di mettere in atto misure di distanziamento hanno a loro volta ridotto i posti letto disponibili e messo in evidenza la criticità della situazione. L’NHS è infatti arrivato completamente impreparato alla pandemia, a causa di un’insufficienza di risorse e finanziamenti che hanno nel tempo fortemente indebolito il sistema sanitario. Piuttosto che essere la maggiore responsabile della crisi dell’NHS inglese, come sostenuto dal Primo Ministro britannico, la pandemia sembra piuttosto aver peggiorato una situazione già di per sé instabile.
Importanti tempi di attesa per i pazienti al Pronto Soccorso e per le cure ospedaliere programmate, come le operazioni al ginocchio o all'anca, sono stati regolarmente ignorati per diversi anni prima della pandemia, a causa di una combinazione di una minore crescita dei finanziamenti e di gravi carenze di personale in tutto il sistema sanitario e assistenziale inglese.
Le attese per le cure oncologiche hanno raggiunto nuovi record nel 2022, mentre la lista di attesa per le operazioni di routine è pari a 7,2 milioni”. Il Royal College of Emergency Medicine, organizzazione che si occupa di monitorare gli standard della medicina di emergenza, ha stimato che nel Regno Unito si verificano almeno tra 300 e 500 decessi in eccesso associati all'affollamento e ai lunghi tempi di attesa nei reparti di emergenza. Numeri confermati da altre analisi, benché l’NHS non concordi con le cifre riportate.
La crisi della forza lavoro
Tra le ragioni di queste lunghe attese vi è la più grande crisi della forza lavoro mai affrontata dall’NHS. Per comprendere la gravità della situazione, vanno considerati più elementi. Secondo alcune organizzazioni mediche, ad esempio, il Regno Unito non sta formando abbastanza medici. Al tempo stesso, la crisi economica, la pandemia e lo stato attuale dell’NHS sta portando molti studenti di medicina a pensare di trasferirsi all’estero. Anche tanti medici ‘junior’ stanno cercando opportunità fuori dal Regno Unito.
La carenza di medici, infermieri e operatori sanitari non è un rischio soltanto per le persone che hanno bisogno di cure, ma anche per lo stesso personale. A settembre 2022, disturbi di natura psichiatrica hanno costituito il 24,9% di tutte le assenze per malattia.
“Siamo spesso pericolosamente sotto organico, con assenze per malattie e burnout ai massimi storici”, ha raccontato Silan Fidan, giovane medica di un ospedale di Londra. “C’è un forte senso di malumore”, ha detto, “con molti di noi che si sentono sottovalutati e soffrono del peso emotivo di trovarsi in una posizione in cui non siamo in grado di rispondere ai bisogni dei nostri pazienti. Questo non perché loro chiedano troppo, ma perché noi abbiamo poco da offrire”.
Un numero sempre maggiore di medici sta considerando di lasciare il proprio lavoro, in maniera temporanea o definitiva, e tra le motivazioni più comuni dietro questa scelta ci sono le preoccupazioni per il proprio benessere o il desiderio di avere maggiore tempo libero. Lo stesso vale per infermieri e infermiere. In un recente sondaggio, oltre la metà delle persone intervistate ha dichiarato di stare valutando o attivamente programmando di lasciare il lavoro da infermiere, e tra le principali ragioni riportate vi è il sentirsi sottovalutati o esausti, l’eccessiva pressione e la carenza di personale. Senza politiche specificamente volte all’assunzione di nuovo personale, dicono alcuni studi, la situazione non può fare altro che peggiorare.
Il 30 gennaio l’NHS e il governo hanno pubblicato anche un piano specifico per i servizi di urgenza ed emergenza inglesi, che tra le altre cose prevede l’incremento del numero di ambulanze e dei posti letto in ospedale e un maggiore supporto al personale sanitario. Pur sottolineandone gli aspetti positivi, diversi esperti hanno comunque definito questo programma come non sufficiente.
Non solo medici e ospedali
Negli ultimi anni si è verificato un aumento del numero di pazienti ricoverati in ospedale che sono stati dimessi in ritardo rispetto a quando avrebbero potuto lasciare la struttura. Si tratta di persone che, pur non avendo più bisogno di assistenza ospedaliera, presentano condizioni di salute per cui è necessario il trasferimento in case di cura o riabilitazione o l’assistenza domiciliare. A causa però di una profonda crisi del sistema di cura e assistenza, sia in termini di alta richiesta da parte di una popolazione che vive più a lungo che di carenza di personale, è ad oggi molto difficile riuscire ad accedere a questo tipo di cure.
Per questo motivo, molti pazienti ricoverati vengono trattenuti in ospedale proprio perché dimetterli vorrebbe dire non garantire loro il percorso di terapia e assistenza di cui avrebbero bisogno. Conseguenza di ciò è un alto numero di letti potenzialmente disponibili ma che restano occupati, oltre al rischio per questi pazienti di incorrere in infezioni e ulteriori problemi di salute fisica e mentale mentre restano in ospedale.
Nonostante si parli da tempo ormai di riformare l’assistenza sociale e di una sua possibile integrazione nel sistema sanitario, l’NHS e i servizi sociali e di cura sono ad oggi di fatto organismi separati. Mentre la sanità è garantita dal sistema sanitario nazionale e finanziata dal governo, i servizi sociali e di cura sono responsabilità delle autorità locali che negli ultimi dodici anni hanno dovuto affrontare una sempre minore disponibilità di fondi e finanziamenti da parte del governo centrale. Questo ha comportato una ridotta capacità da parte delle autorità locali di garantire servizi di cura adeguati alla richiesta e una maggiore difficoltà per le persone con problemi di salute ad accedere a servizi di assistenza in maniera gratuita. A differenza dell’NHS i cui servizi sono infatti gratuiti al momento dell’utilizzo, l’assistenza sociale si basa invece su una valutazione delle necessità e del reddito di una persona, che stabilisce se e fino a che punto è possibile usufruire di servizi finanziati da fondi pubblici. Tra novembre 2021 e agosto 2022, il numero di coloro che erano in attesa di valutazione o di ricevere assistenza è cresciuto del 24%. Come nel caso del sistema sanitario, anche per l’assistenza sociale inglese la crisi è cominciata ben prima della pandemia.
I piani per il futuro
Sajid Javid, ex Ministro della Salute sotto il governo di Boris Johnson, ha di recente sostenuto che un modo per ridurre le liste di attesa potrebbe essere quello di rendere a pagamento alcuni servizi, come gli appuntamenti dal medico di famiglia. Ma questo tipo di soluzione rischierebbe solo di esacerbare le disuguaglianze e molti pazienti semplicemente non cercherebbero aiuto, con un impatto negativo sulla loro salute a lungo termine – e quindi sull’economia, sul sistema sanitario in senso ampio e anche sull’assistenza sociale. La carenza di personale è al centro dell’emergenza, quindi è urgente un piano per la forza lavoro completamente finanziato per aumentare le assunzioni, incentivare il mantenimento e migliorare la cultura del lavoro. Il Servizio sanitario nazionale deve inoltre ampliare il numero di posti letto per fare fronte alla crescente domanda di assistenza.
A questo va aggiunto un intervento sull’assistenza sociale. A breve termine, sono urgenti un aumento del personale e un piano per la forza lavoro. Ma il sistema ha anche bisogno di una riforma a lungo termine per aumentare l’accesso all’assistenza finanziata con fondi pubblici, migliorare la qualità e le condizioni di chi lavora nel settore. Infine, la crisi non riguarda solo il Servizio sanitario nazionale, ma anche l'impatto di problemi economici e sociali più ampi e l'indebolimento di altri servizi pubblici; una soluzione a lungo termine deve concentrarsi sulla prevenzione, sulla salute pubblica e sui determinanti in senso più ampio che influenzano la salute della popolazione.
sintesi di Alessandro Bruni
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