di Redazione di Agingproject. Pubblicato nel numero di febbraio 2023. Focus senilità
«La felicità è reale solo se condivisa»: lo diceva Tolstoj nel romanzo “La felicità familiare” (1859), lo ripeteva il personaggio di Christopher McCandless nel monologo finale del film “Into the wild” (2007) e lo sostengono oggi i ricercatori dell’Harvard Study of Adult Development: uno studio longitudinale avviato tra la fine degli anni ‘30 e l’inizio degli anni ‘40 con l’obiettivo di rintracciare i fattori che concorrono a generare soddisfazione per la propria vita. Più precisamente, lo studio si proponeva di identificare le variabili psicosociali e i processi biologici dei primi anni di vita e dell’età adulta in grado di predire la salute e il benessere in tarda età.
I ricercatori hanno seguito per circa 85 anni un campione formato da due gruppi unici di partecipanti (tutti maschi), per un totale di 724 uomini, analizzando il loro comportamento e quello di oltre 1300 discendenti, nel corso di tre generazioni.
Dai risultati dello studio è emerso che l’ingrediente principale della felicità e del benessere non è iI denaro, la carriera o la possibilità di prendersi cura della propria salute fisica, ma nella capacità di coltivare relazioni sociali di qualità. Rientrano in questa categoria le interazioni “piccole” e quotidiane, ad esempio con i colleghi di lavoro o con i vicini di casa, così come le connessioni più significative, che generalmente avvengono all’interno di rapporti di amicizia, relazioni sentimentali o legami familiari. Più forti, autentiche e positive sono le nostre relazioni, più è probabile che la nostra vita e la nostra vecchiaia siano non solo più appaganti, ma anche più sane dal punto di vista fisico e mentale. “Le persone che apparivano più soddisfatte nelle loro relazioni all’età di 50 anni erano le più sane all’età di 80 anni”, ha dichiarato Robert Waldinger, il principale autore dello studio insieme a Marc Schulz.
sintesi di Alessandro Bruni
per leggere l'articolo completo aprire questo link