di Luigi Viviani. Sguardi al futuro politico.
Nell’analizzare i primi cento giorni di vita del governo, la maggioranza della stampa italiana, accanto alle sue novità (premier donna, governo di destra, orientamento euroscettico) nei giudizi di sintesi si sono privilegiati gli adeguamenti tattici di Meloni, rispetto alle posizioni del suo partito, dettati dalla necessità di governare un Paese complesso come l’Italia nell’Europa di oggi. Con l’auspicio per il futuro che tale processo prosegua fino a cambiare in profondità cultura e politica della destra nostrana. In tutto ciò c’è molta verità ma, sia pure con le migliori intenzioni, si corre il rischio di sottovalutare alcuni aspetti della politica del governo che potrebbero diventare determinanti nel prossimo futuro.
In sintesi, in questi primi mesi il governo Meloni, in materia economica, dopo la legge finanziaria, costruita in continuità con le scelte di Draghi, si è limitato ad approvare alcune misure identitarie senza una strategia sui gravi problemi del Paese. Scelte come la stretta sul Reddito di cittadinanza, la pace fiscale, la flat-tax sul lavoro autonomo, l’innalzamento del tetto sul contante, e la reintroduzione delle accise sui carburanti, non costituiscono certo una politica economica idonea ad affrontare la crisi incombente dell’Italia. In questo contesto, la difesa della premier, sulla base della riduzione dello spread dimentica che tale discesa, in buona parte, deriva dall’innalzamento dei tassi da parte della Bce.
In materia di riforme, mentre nella giustizia si è aperto un duro scontro con la magistratura soltanto sulla base di ambigue dichiarazioni del ministro Nordio, si è rinviato l’intervento regolativo sui balneari, si è preannunciata la scelta del presidenzialismo senza aver proposto una commissione bicamerale né presentato alcuna bozza di DdL. Nello stesso tempo, a puro sostegno elettorale a favore della Lega. è stato approvato dal Consiglio dei ministri il DdL sull’autonomia regionale differenziata, nonostante le serie riserve nella stessa maggioranza e la critica radicale di tutta l’opposizione. Come è noto tale forzatura si spiega soltanto con la pressione della Lega che ha subordinato la stessa durata del governo all’approvazione della legge sull’autonomia.
Nella relazione con l’Europa, al netto di alcune mediazioni tattiche, si è mantenuto un rapporto critico e rivendicativo, mentre risulta in ritardo la gestione di buona parte dei progetti del PNRR sia a livello nazionale che negli enti locali, e la politica di chiusura nei confronti dei migranti e delle Ong recentemente ha provocato la condanna del Consiglio d’Europa che invita il governo a ritirare il recente decreto del ministro Piantedosi. Infine, sul fronte internazionale, accanto al sostegno all’Ucraina con un nuovo invio di armi, la premier Meloni, nelle ultime settimane ha privilegiato la politica estera attraverso una serie di incontri con leader di diversi Paesi, dove spesso gli auspici comuni prevalgono sulle decisioni.
Nel complesso quindi, una politica che tende a privilegiare le questioni identitarie dei partiti della maggioranza più che le difficoltà del Paese. Ma, negli ultimi giorni, è successo un fatto nuovo che rende molto più chiara la sostanza politica di questo governo di destra, al punto da indicarne una sostanziale fragilità. Alla Camera, durante un dibattito sulla vicenda dell’anarchico Cospito, in sciopero della fame contro la reclusione con 41 bis, Il deputato di FdI Giovanni Donzelli ha aggredito verbalmente quattro parlamentari del Pd (Serracchiani, Verini, Lai e Orlando) con le parole: “Siete con lo Stato o con il terrorismo”, per essersi recati in carcere a incontrare il suddetto recluso a altri, per sincerarsi sulle loro condizioni di salute.
Con questo attacco Donzelli ha rivelato notizie sensibili che non dovevano essere diffuse, per cui ha coinvolto, in particolare l’amico di partito, il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro che gliele aveva comunicate. Si è trattato di un attacco particolarmente grave, fatto a freddo e per motivi inesistenti, da parte di un parlamentare. tra l’altro anche vicepresidente del Copasir e responsabile dell’organizzazione di Fratelli d’Italia. Un attacco del tutto insolito e doppiamente sgradevole, anche perché fatto da un rappresentante della maggioranza di governo a un partito di opposizione.
La reazione del Partito democratico, e, guarda caso, di tutta l’opposizione, è stata durissima, e unanimemente ha chiesto de dimissioni di Donzelli dal Copasir e di Delmastro da sottosegretario. Mentre diversi esponenti della Lega e di FI, consapevoli dell’errore commesso, hanno chiesto scusa, da Fratelli d’Italia si è sollevato un muro di difesa pregiudiziale dei due dirigenti, con grossolani tentativi di spostare altrove Il problema. Da un lato si è cercato in tutti i modi di cambiare il grado di segretezza delle dichiarazioni di Donzelli, derubricando in tal modo la responsabilità della divulgazione di Delmastro, e dall’altro di spostare l’attenzione sulla gravità dell’attacco allo Stato da parte degli anarchici, e sulla assoluta necessità di mantenere il 41 bis per non dare spazio ai violenti e ai mafiosi.
Una difesa senza alcuna incertezza, che, tra l’altro ha costretto il ministro Nordio a dichiarare sul carattere più o meno segreto delle notizie divulgate, l’opposto di quanto aveva affermato il giorno prima, e Meloni a chiudersi in un impressionante silenzio. Una premier che parla tutti giorni su tutto e su tutti, su un fatto grave che coinvolge due dirigenti del suo partito, a lei particolarmente legati, di cui uno membro del suo governo, decide di non intervenire e di parlare d’altro. Si può capire la sua arrabbiatura e, nello stesso tempo, la volontà di difendere fino in fondo due dei massimi suoi fedelissimi, ma l’esigenza di correttezza e di trasparenza dell’azione di governo, non si può mettere tra parentesi.
Alla fine, con una lettera al Corriere della sera, Meloni ha deciso di difendere fino in fondo Donzelli e Delmastro, invitando ad abbassare i toni da parte di tutti di fronte all’attacco allo Stato da parte degli anarchici. Una scelta di campo che, mentre legittima un attacco all’Italia da parte da uno sparuto gruppo di insurrezionalisti, la cui violenza va nettamente fermata con gli strumenti dello Stato democratico, scarica sull’intero governo la responsabilità di Donzelli e Delmastro.
Ora la vicenda proseguirà, oltre con il duro conflitto politico, anche per via formale e giudiziaria. Alla Camera è stato nominato un giurì d’onore. chiesto e presieduto dal Pd, per esaminare la fondatezza delle accuse, e la Procura di Roma ha aperto un’inchiesta sul caso e ricevuto una denuncia del verde Bonelli per violazione del segreto d’ufficio, mentre altre ne seguiranno. Non so come si concluderà questa vicenda, ma, in ogni caso, soprattutto dopo la scelta di schieramento di Meloni, essa è destinata ad incidere su un aspetto essenziale del governo, che può diventare decisivo circa la sua qualità e la sua durata: la credibilità.