di Eraldo Affinati. Pubblicato in Avvenire del 4 febbraio 2023.
La settimana scorsa, mentre insegnavo la sillabazione a un ragazzo egiziano, chiamiamolo Sayed, ha voluto raccontarmi la sua traversata dalla Libia fino alla costa calabrese. Così è iniziato il nostro dialogo fatto di parole, certo, ma soprattutto di sguardi. Quanti eravate sul gommone? Aprendo le mani più volte perché ancora non conosce i numeri, me lo ha fatto capire: un centinaio. Sai nuotare? Ha scosso la testa. Quanto tempo avete impiegato a raggiungere la terraferma?
Quattro giorni e quattro notti. Cosa mangiavi? Biscotti. Come sei riuscito a resistere? A quel punto il sorriso adolescente del mio studente si è trasformato in una specie di smorfia: lì ho percepito che alcuni suoi compagni erano affogati. Ecco perché le notizie appena giunte da Lampedusa mi toccano nel profondo: come accade a tanti volontari che operano nella rete di accoglienza diffusa sul territorio nazionale, ci si interroga sul senso che dobbiamo attribuire alla nostra azione. Cosa posso fare io, nel mio piccolo, di fronte a questo scempio a cielo aperto?
Guardo Kevin, il bambino nigeriano che gioca con il lego nella grande sala piena di immigrati impegnati a studiare i verbi e penso al neonato morto pochi giorni fa, prima che la barca giungesse a riva, gettato in mare dalla madre disperata, scomparsa anche lei, insieme all’uomo che si era tuffato in acqua nel tentativo estremo di recuperare il corpicino. Otto cadaveri, tre donne, una in avanzato stato di gravidanza, trovati su una barca dalla Guardia Costiera, nella notte fra giovedì e venerdì.
Prima e dopo l’ennesima tragedia e forse anche adesso e nei giorni che verranno continuano ad arrivare imbarcazioni, quasi una dietro l’altra, con gente stremata, proveniente dall’Africa subsahariana con segni tangibili delle violenze subite, mentre il Governo italiano, invece di incrementare i soccorsi, rendendoli rapidi e efficaci, continua ad assegnare i porti più lontani alle navi delle Ong, di fatto ritardando l’aiuto umanitario.
segnalato da Samuele Predrazzini
sintesi di Alessandro Bruni
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