di Stefano Allievi. Sociologo del mutamento culturale. Pubblicatonel Blog dell'autore e in Corriere della sera del 1° marzo 2023.
La retorica non serve. La strumentalizzazione politica ancora meno. Sono morti, e non hanno colpe. Ma non è una notizia inaspettata, meno ancora sorprendente. Ce ne sono stati altri in passato, di naufragi di migranti. Ce ne saranno in futuro. Ma c’è anche uno stillicidio quotidiano di morti che fanno meno notizia, perché non accadono tutte insieme, non fanno massa, e al contempo sono fatto ordinario, quotidiano (avvengono letteralmente tutti i giorni), anche se restano impercepite ai nostri occhi. In mare, ma anche via terra, sulla rotta montagnosa, piena di guardie e di confini da attraversare, dei Balcani, non meno pericolosa di quella del Mediterraneo centrale e del Mediterraneo orientale.
Inutile, meschino, triste, impudico, trasformare i cadaveri, le famiglie distrutte, il dolore dei sopravvissuti, i bambini annegati, in uno strumento di polemica politica. Con chi da una parte accusa il buonismo immigrazionista (magari impersonato dalle ONG) di fungere da fattore di attrazione, producendo le partenze, e chi dall’altra parte accusa il cattivismo antiimmigrazionista di impedire i salvataggi, producendo gli annegamenti. Né gli uni né gli altri sono la causa dell’ennesimo naufragio. Né gli uni né gli altri l’avrebbero potuto impedire.
Come sempre, la questione è più complessa, le risposte necessarie diversificate, il risultato comunque incerto, l’andare per tentativi ed errori una necessità e un rischio da correre. Ma è certo che molto si potrebbe fare, perché le cose vadano altrimenti. E qualunque cosa sarebbe molto più del niente o quasi niente attuale. La posta in gioco non è solo la vita degli esseri umani che arrivano. È la de-umanizzazione di chi li vede arrivare, e non fa niente. E tra un po’ non sentirà più niente.
sintesi di Alessandro Bruni
per leggere l'articolo completo aprire questo link
di Andrea Gandini. Economista, analista del futuro sostenibile.
Immigrazione: da irregolare a regolare? La soluzione ci sarebbe. Programmare ogni anno flussi di immigrazione regolare di circa 200mila persone all’anno, perché è questo il fabbisogno che ha l’Italia per coprire i vuoti lasciati dal declino demografico. Se non si fa si danneggiano le imprese italiane. Certo lo potrebbe fare l’Europa (e forse sarebbe meglio) visto che ha una necessità di circa 2milioni di immigrati all’anno (sempre per il calo demografico), ma in attesa lo può fare il nostro Stato. Gli immigrati si possono selezionare e gestire con modi legali e viaggi legali (in nave, aereo,…) togliendo ai trafficanti questa rendita. Poi c’è da organizzare l’accoglienza che non può essere come purtroppo è stata spesso in passato solo “vitto e alloggio e qualche corso di italiano”, ma una vera accoglienza con tanto di collocamento verso il lavoro per cui sono stati selezionati. E ci sono forme che sono state studiate per fare un buon abbinamento tra chi tra i nostri imprenditori cerca lavoratori e gli immigrati che, peraltro, hanno avuto una prima selezione.
Si potrebbe poi dare priorità ha chi ha una famiglia, particolari necessità, chi rischia nel suo paese. Le associazioni locali (religiose e laiche) potrebbero aiutare come “tutor” chi arriva in modo che sia rapido l’accesso al lavoro e all’autonomia, come fanno del resto tedeschi e inglesi. Forse per questo quando giri per le loro città gli unici clochard sono indigeni e tutti gli immigrati sono al lavoro.
Ciò significa quindi accordi coi paesi di partenza e collaborazione comune per combattere i traffici illegali delle mafie varie. Sarebbe anche un modo per avere una giustificazione morale per combattere gli arrivi illegali. E comunque poiché continueranno ad esserci si possono trovare forme per ridurli e arrestare gli scafisti.