antologica di Alessandro Bruni.
Si riporta in tre parti una antologia di articoli completi e di sintesi per cercare di comprendere il problema della maternità surrogata che da tempo rimane come una realtà non normata con problemi bioetici e di diritto.
Una definizione per chiarire di cosa si sta parlando
Sintesi di Alessandro Bruni tratta da: Ornella Feraci. Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Siena. Pubblicato in Aldricus 2022. Precedentemente esposta in parte anche in Feraci, O. (2021). Ai confini della genitorialità ovvero sulla maternità surrogata commerciale in assenza di qualsiasi legame genetico tra genitori intenzionali e figlio. In A. Saccucci (a cura di), Paulo Pinto de Albuquerque “I diritti umani in una prospettiva europea. Opinioni concorrenti e dissenzienti (2016-2020)” (pp. 218-228). Napoli : Editoriale Scientifica.
Con il termine maternità surrogata si definisce la pratica in cui una donna si obbliga contrattualmente a portare avanti una gravidanza per conto dei genitori intenzionali o committenti. Viene così impiantato nel suo utero un embrione creato artificialmente mediante inseminazione o fecondazione in vitro di un ovocita di donatrice anonima (o della stessa madre surrogata o della madre committente) e del seme del padre intenzionale (o di donatore anonimo).
Si distingue tra maternità surrogata tradizionale e maternità surrogata gestazionale a seconda che l’ovocita fecondato con seme del padre committente (o di donatore di gameti maschili) appartenga rispettivamente alla madre surrogata o a una donatrice anonima (o più raramente alla madre intenzionale).
La madre surrogata si impegna altresì a rinunciare a qualsiasi diritto sul bambino al momento della nascita: il neonato viene affidato immediatamente ai genitori intenzionali e il rapporto di genitorialità legale viene quindi stabilito in favore di entrambi o del solo genitore intenzionale-genetico, in base alla normativa locale applicabile, secondo modalità giuridiche diverse (quali, ad esempio, il rilascio di un certificato di nascita o l’emissione di un provvedimento giurisdizionale successivo al parto che attesti la co-genitorialità della coppia committente sul bambino).
La madre surrogata può agire a titolo gratuito (ricevendo soltanto un rimborso per le spese mediche sostenute, cd. maternità surrogata altruistica) o a titolo oneroso (percependo un compenso, cd. maternità surrogata commerciale).
A causa dei rischi di sfruttamento della madre surrogata e dei pericoli legati al traffico di minori, tale tecnica procreativa è oggetto di accesi dibattiti sul piano etico-giuridico. Essa è variamente disciplinata a livello statale: in alcuni ordinamenti è ammessa, in altri è vietata, in altri ancora è meramente tollerata, senza essere in alcun modo disciplinata.
L’ordinamento italiano vieta e sanziona penalmente qualsiasi ricorso alla maternità surrogata (art. 12, 6° comma, legge n. 40/2004 recante norme sulle tecniche di procreazione medicalmente assistita).
Le profonde divergenze normative esistenti a livello statale circa l’ammissibilità e la regolamentazione della maternità surrogata, oltre all’assenza di norme uniformi a livello internazionale, spingono sempre più coppie e singoli a recarsi all’estero al fine di realizzare ivi il proprio progetto parentale, allorquando quest’ultimo è vietato o anche soltanto disciplinato più severamente nello Stato di appartenenza (“turismo procreativo”).
Nella prospettiva internazionalprivatistica, l’istituto della maternità surrogata viene in rilievo rispetto alla domanda di riconoscimento dello status filiationis del minore nato all’estero a seguito di maternità surrogata proposta nello Stato di origine dei genitori intenzionali, quando nello Stato richiesto tale pratica è vietata o regolata con condizioni più stringenti rispetto alla normativa applicata nello Stato di nascita.
La questione può chiamare in causa diverse norme di diritto internazionale privato a seconda che lo status di figlio sia contenuto in provvedimenti stranieri di natura amministrativa (certificato di nascita straniero) e/o giudiziaria (provvedimento con cui si attribuisce prima o dopo la nascita la co-genitorialità legale a entrambi i genitori intenzionali a prescindere dal legame genetico di questi ultimi con il minore: es. parental order del Regno Unito).
Addendum di Alessandro Bruni da Sanità 33 del 3 aprile 2023
In Europa, la maternità surrogata è consentita in forma altruistica in Regno Unito, Paesi Bassi, Danimarca, Portogallo (ma non il ricorso da parte di stranieri non residenti). Anche in Belgio è praticata solo in forma altruistica e solo per i residenti, mentre Ucraina, Grecia e Georgia sono diventate alcune delle prioritarie destinazioni per la maternità surrogata commerciale per le coppie eterosessuali. Nello specifico, ad esempio, la legge ucraina consente l'accesso solo a coppie eterosessuali sposate, che per problemi documentati di salute non possono portare avanti una gravidanza; prevede inoltre che almeno il 50% del patrimonio genetico sia della coppia e che il gamete donato non sia della gestante. La gestazione per altri infine è legale anche in alcuni Stati degli Stati Uniti in forma gratuita e in altri anche in forma retribuita. In Canada solo in forma altruistica, anche se è previsto un rimborso spese per la madre surrogata.
Maternita’ surrogata e paternita’ putativa
di Giancarla Codrignani. Pubblicato nel blog dell'autore il 22 marzo 2023.
Le solite situazioni che purtroppo hanno bisogno di una definizione giuridica per evitare equivoci e, probabili abusi. Nel linguaggio politico si chiamano questioni sensibili e quando si votano secondo libertà di coscienza, a meno che i partiti non abbiano abbracciato posizioni ideologiche.
Da quando si conosce un po’ meglio la natura umana la scienza ha fornito possibilità di realizzare desideri. Come cinquant’anni fa ci fu chi condannava il dottor Barnard che osava trapiantare il cuore, così da quando abbiamo capito che anche sperma e ovuli possono essere trapiantati, abbiamo sperimentato ben più forti traumi che ci portano fuori da ciò che consideravamo “naturale”, mentre era solo tradizionale.
Perché che la famiglia sia “per natura” benedetta da un figlio concepito in momenti di fusione amorosa è vero senza prescindere da tutte le gioie e i disastri che succedono nel contesto della famiglia non sempre così esemplare.
Storicamente i figli erano legittimi o bastardi e fino a tutto il Rinascimento i padri potevano associarli in nome del ‘sangue del mio sangue’ alla famiglia regolare senza problemi, mentre nell’Ottocento diventano realmente illegittimi, “figli di padre ignoto” secondo il costume della borghesia del maschio fedifrago e giustificato.
Oggi si nasce “per caso” – anche da noi, ma soprattutto a danno delle donne dei paesi poveri -, “per ideologia” – secondo la morale di alcune chiese o il perbenismo tradizionale – ma sempre più “per desiderio”. Anche la contraccezione e, diversamente, l’aborto (dove non è più clandestino) comprovano che gli umani sono esseri desideranti: la sessualità come realizzazione di sé nella relazione dei corpi (e delle anime?) che è un ambito che prescinde dal genere di uomini o donne. Verrebbe dalla forza delle donne l’obbligo morale del consenso nella relazione, nei suoi preliminari, nel suo valore: dallo stalking allo stupro l’atto violento è reato. Ma dove c’è consenso? forse a molti farebbe comodo risolvere con il codice, capitolo “devianze” e sadismi, ma dove si dà consenso, l’individuo è libero.
I figli però arrivano. Meglio se desiderati. Ma, se non c’è possibilità di corrispondere al desiderio o alla pulsione che spingono a procreare, sorgono problemi gravi, perché i bambini che ai nostri giorni nascono da pratiche “terapeutiche” non debbono essere considerati “diversi”, perché “naturalmente” sono sempre (almeno finché non sarà inventato l’utero artificiale) usciti allo stesso modo dal grembo di una mamma.
Siccome questi nuovi nati sono tanti e sono già grandi, il problema è già da tempo oggettivamente reale. E non si possono negare riconoscimenti paritari delle anagrafi. Ma il fenomeno quantitativo induce ad approfondire: il grande problema etico è insolubile se lo chiamiamo “l’utero in affitto” (anche perché basterebbe, come si fa a livello internazionale, obbligare alla gratuità), ma la vera questione è la paternità.
Perché le coppie lesbiche ricorrono alla fecondazione assistita e seguono normali gravidanze, anche se il riconoscimento giuridico della seconda mamma anagraficamente sarebbe senza problemi. E’ il desiderio di paternità che fa problema per la coppia gay: possono due uomini conviventi desiderare un figlio? Certamente sì. Ma, questa volta, la differenza è uomo: desidera il figlio, ma non lo può partorire. Lo statuto del suo ruolo deve riconoscere la mancanza di potere nella vita che, per l’umano – dell’animale non si sa – sta nella riproduzione.
Teoricamente – se il femminismo è filosofia – una donna non lo definirebbe potere, come è stato fissato dai ruoli costituiti del patrimonium e del matrimonium fino ai figli legittimi o illegittimi (e anche maschi o femmine, a prescindere dall’affetto) non lo mercificherebbe, ma potrebbe liberamente farne un dono. Il rispetto tra gli umani che parte dai corpi, come ben sanno i medici, dovrebbe evitare anche l’umiliazione (soprattutto per il corpo maschile) del corpo nella prostituzione.
Avete sentito le risse dei talk show con maschi furibondi che se la prendono con l’utero in affitto. Nessuno che dica che basta vietare il mercato. Nessuno degli altri uomini che si interroghi “che si fa se due di noi vogliono un figlio? Sono buoni padri? Sono io un buon padre? Che cosa vuol dire per me essere padre se uno di noi maschi si accorge di volere un figlio senza avere una donna?” Uomini di buona volontà glielo spiegate al reazionario che vieta tutto a tutti?