di Domenico Barrilà. Psicoterapeuta adleriano. Pubblicato nel blog dell'autore il 25 aprile 2023.
Quando era piccola veniva abusata dal fratello, che aveva cinque anni più di lei. Accadde diverse volte, lasciando strascichi di dolore per tutta la vita.
La bambina, divenuta una donna solida e consapevole, racconta un aspetto a prima vista incomprensibile, ma in realtà esplicativo degli effetti che quelle azioni ebbero nella vita del fratello abusante, oltre che nella sua. “Negli anni che seguirono, quando quella pratica terminò, non ne parlammo mai più. Durante la nostra giovinezza, però, lui ebbe delle incomprensibili crisi di pianto, miste a scatti d’ira nei miei confronti, durante i quali e mi percuoteva e poi mi abbracciava disperatamente. Non chiese mai scusa per ciò che era accaduto quando eravamo piccoli, ma io capivo esattamente cosa nascondesse quello strano comportamento successivo”.
Dedico questo frammento a chi fatica a scusarsi, a chi rifiuta di dire le parole giuste di fronte a una tragedia immane nella quale stava, attraverso i suoi padri, nel lato inutile, e ora, nell’impossibilità di cambiare il passato, cerca di confonderlo, pensando così di giustificare e di salvare proprio quei padri, anche quelli biologici, dei quali segue ottusamente le tracce. Per non tradirli, ma senza capire che in realtà li sta privando dell’ultima occasione di riscatto.
Dev’essere angosciante sapere che non si può rovesciare la freccia del tempo e rimediare a certi errori, vale per chiunque, ma potrebbe essere utile, almeno nella propria coscienza, versare qualche lacrima e chiedere scusa invece di ostinarsi, come il fratello di prima, a colpire la sorellina. Così si rischia di andarsene, siamo tutti in scadenza, con un marchio di infamia ancora peggiore, giacché i padri, pure pienamente responsabili, furono risucchiati nei tragici gorghi di quell’epoca, mentre i figli, in tempi di pace, potevano ripristinare l’onore della famiglia, senza necessariamente rinnegare i genitori, anzi esaltandone, attraverso il proprio pentimento, la parte buona delle radici.
Come abbiamo già scritto, questo spazio, proprio perché dedicato a educatori, coltiva un modello di psicologia che considera il sentimento sociale, ossia il genuino interesse per i propri simili, l’unico vero misuratore della normalità e altrettanto unica possibilità di costruire società funzionanti e rispettose della dignità della persona, a partire dalla sua infanzia.
Il fascismo, che mai rispettò la persona, le sue libertà e impose un modello educativo autoritario, scelse la volontà di potenza, il mortale antagonista del sentimento sociale.
Chi ancora oggi ne difende le ragioni, mascherandosi dietro ambiguità verbali e comportamentali, deve considerarsi, a prescindere dalle cariche ricoperte, una persona inadatta ad abitare la comunità umana.