di Redazione di Vesta. Pubblicato il 28 aprile 2023.
Eugen e Liseld decidono di raccontare insieme la loro passata esperienza di minori stranieri non accompagnati in affido presso una famiglia italiana. Quando arrivarono a Piacenza dall’Albania nell’inverno 2015/2016, furono subito collocati dal Servizio minori stranieri non accompagnati del Comune di Piacenza in un ostello insieme ad altri MSNA, adiacente alla sede dei Servizi Sociali.
Qualche mese dopo, durante i primi giorni di marzo 2016 un operatore dopo aver con cura spiegato loro la possibilità di un affido familiare, li informa che a breve avrebbero incontrato due possibili genitori affidatari: Paola e Graziano.
In quel momento i ragazzi parlavano ancora poco la lingua italiana, per cui quando la coppia è arrivata verso l’ora di pranzo, hanno cercato di conoscersi scambiando alcune parole, con la presenza e l’aiuto di Gianluca Sebastiani, collega di Franca Pagani del Servizio minori stranieri non accompagnati. Ricordano la stranezza e l’incertezza di quell’incontro con due sconosciuti, di cui non avevano ben capito il motivo e le finalità. Poco dopo, Franca li convocò nel suo ufficio per parlare del progetto: la possibilità di andare in affido a casa di questa famiglia fino al compimento della loro maggiore età. Così Graziano e Paola sono venuti a prenderli e si sono recati per la prima volta in quella che sarebbe diventata casa loro.
“All’inizio avevo tanti punti di domanda, non sapevamo di cosa si trattava, dove andavamo e perché, poi dopo ci è stato spiegato tutto ci aiutavano e andavamo a vivere con loro. Poi ci siamo trasferiti e abbiamo incominciato una vita normale”. I primi giorni della loro nuova vita in famiglia li ricordano come abbastanza “duri”, soprattutto a causa delle differenze culturali e delle difficoltà linguistiche, ma sono comunque riusciti a mettersi in gioco ed a entrare in relazione. Hanno infatti incominciato proprio da un gioco di carte albanese, del quale hanno tentato di spiegare le regole un po’ con i gesti e un po’ con le poche parole che conoscevano.
Entrambi hanno ben impressi nella mente alcuni momenti significativi di quei giorni passati in famiglia: le uscite, i giri in bicicletta… ma soprattutto le feste a sorpresa organizzate per i loro diciottesimi compleanni. Come testimoniano le parole di Liseld: “ci sono stati tanti eventi, però per me quello più speciale è stato il compleanno… è stata una sorpresa che non mi aspettavo, anche perché eravamo qua da un paio di mesi quindi non mi aspettavo una grande festa quando ho visto la torta non capivo più nulla”. Eugen aggiunge: “anche il mio compleanno è stato più o meno uguale, l’unica differenza era (che la torta era stata fatta con) la bandiera dell’Albania e la scritta 18”.
Sia Eugen che Liseld avevano lasciato la loro famiglia di origine in Albania; quando hanno comunicato loro che erano stati accolti in una famiglia italiana i loro genitori si sono subito tranquillizzati, a maggior ragione perché le persone che li stavano ospitando erano “speciali”, in grado di prendersi cura di loro e di fargli da guida. Sia loro che le rispettive famiglie, erano dunque più sereni e sicuri rispetto al loro futuro, anche in un altro paese di cui non conoscevano ancora bene lingua e cultura: “gli abbiamo detto che siamo stati accolti da una famiglia italiana, che da quel momento lì loro non dovevano più preoccuparsi”.
Nei primi mesi le tre famiglie coinvolte non hanno mai avuto contatti telefonici diretti o mediante applicazioni di messaggistica. Ad agosto però Paola e Graziano decidono di approfittare delle ferie per trascorrere due settimane in Albania insieme ad Eugen e Liseld, per visitarne i paesi d’origine e conoscere le rispettive famiglie. Entrambi sottolineano che la possibilità di aver sperimentato la vita in famiglia in Italia sia stata un’esperienza positiva che li ha aiutati e gli ha permesso di crescere su diversi fronti.
Arrivando in un paese straniero da adolescenti, con una cultura, una mentalità ed abitudini diverse è infatti molto difficile potersi orientare, come riportano loro stessi: “Avevamo 17 anni, non sapevamo niente del nostro futuro in un altro paese, non conoscendo neanche la lingua… sinceramente eravamo proprio persi”.
Invece proprio grazie all’esperienza di accoglienza, affetto e aiuto costante di Paola e Graziano, sono riusciti ad imparare la lingua, a trovare un lavoro e ad integrarsi, ma soprattutto sono riusciti a creare le basi per un futuro qui in Italia, in un “posto sicuro”. “Diciamo che avere la famiglia dietro è come avere delle luci abbaglianti che ti permettono di vedere anche al di là di quello che vedi tu, ti spiegano al di là di quello che sai di te”.