di Valentina Zappa. Sintesi di Alessandro Bruni dall'articolo dell'autrice pubblicato in Humantrainer dell'11 aprile 2023.
A due mesi dalla nascita, con il perfezionamento delle capacità visive, il tema centrale delle interazioni madre-bambino diventa la regolarizzazione della mutua attenzione e la coordinazione degli scambi faccia a faccia. Sono dunque possibili contatti visivi diretti, sguardi prolungati e compaiono i primi sorrisi sociali.
I bambini interagiscono secondo cicli di attenzione/non attenzione di natura biologica. Per alcuni secondi il bambino guarderà l'adulto e poi ne distoglierà lo sguardo, poi lo riguarderà e così via in modo ciclico.
La madre, invece, generalmente guarda il bambino quasi costantemente fornendo così "una cornice" nell'ambito della quale possono inserirsi gli sguardi ciclici del bambino. Durante i periodi di interazione visiva, la madre farà del suo meglio per tenere desto l'interesse del piccolo ma in assenza di sguardi rispetterà il bisogno di intervallo del bambino, interrompendo la stimolazione pur rimanendo vigile.
Cosa può accadere ai bambini se la madre è depressa, emotivamente non disponibile e quindi assume una immobilità facciale? I bambini inizialmente intensificano l'attività comunicativa, accentuando vocalizzazioni, sguardi, movimenti delle braccia. Poi se il viso continua a rimanere immobile essi, disturbati e infastiditi, protestano, distolgono lo sguardo dalla madre per periodi sempre più lunghi fino ad allontanarsi completamente, orientando volto e corpo di lato, voltando le spalle alla madre, e alcuni bambini diventano soggetti a intensa angoscia.
Compaiono forme di auto-regolazione volte a ottenere auto-conforto e auto-consolazione (mani in bocca, dondolio...) che, se utilizzate in modo persistente, possono intaccare la capacità del piccolo di regolazione emotiva, trasformandosi in vere e proprie condotte difensive. Le madri depresse, con difficoltà a sintonizzarsi adeguatamente con i comportamenti del figlio, a coglierne i segnali di comunicazione e a rispondervi in modo appropriato, determineranno lo svilupparsi di stili di interazione sociale completamente distorti. I loro bambini svilupperanno una espressione di emozioni negative, quali tristezza e collera, che possono poi evolvere in disturbi comportamentali e tendenza all'isolamento.
In sintesi, le dinamiche interattive tra bambino e madre depressa portano a un fallimento nel processo di mutua regolazione, facendo sperimentare al bambino emozioni negative con nucleo affettivo negativo. In questo modo vengono accentuati in maniera patologica i comportamenti di auto-regolazione (ritiro, evitamento, freezing - ossia congelamento -, completa immobilizzazione e aumento di auto-stimolazione e auto-consolazione) e il mondo rappresentazionale del bambino appare costituito da esperienze soggettive di micro depressione.
Come intervenire?
Un trattamento psicologico inadeguato espone la donna al rischio di una depressione ricorrente e aumenta la possibilità di ripercussioni negative sulla relazione con il partner e con il bambino. Non esiste una lettura univoca sulle modalità di sviluppo di una depressione post-natale, per cui risulta improbabile che una singola modalità di trattamento sia valida per tutte le donne. Un trattamento multifattoriale, che combini fattori psicologici e biologici, è il più efficace in quanto riconosce le origini multiple della depressione post-natale.
Gli interventi biologici, come i trattamenti ormonali e la terapia elettroconvulsiva, sono stati largamente sostenuti senza una adeguata dimostrazione della loro efficacia o applicabilità nella cura della depressione post-natale. Per le forme lievi sono indicati trattamenti psicologici come il counselling individuale, che comprende un ascolto non giudicante e l'aiutare le persone a sviluppare adeguate modalità per affrontare i loro problemi.
L'obiettivo è quello di focalizzarsi sulla mamma piuttosto che sul bambino. I colloqui caratterizzati da atteggiamenti empatici e non giudicanti hanno la finalità di aiutare e permettere alle donne di condividere i propri sentimenti, di valutare i problemi e di decidere le azioni più appropriate.
La genitorialità minata dal conflitto coniugale
Numerosi studi hanno sottolineato come, per i bambini, l'esposizione alle discordie o ai conflitti genitoriali costituisca una significativa e prevalente fonte di stress che può determinare il verificarsi di esiti psicopatologici. Gli studi più recenti hanno cercato di analizzare le condizioni a causa delle quali il conflitto diventa dannoso per i bambini, non limitandosi a documentare l'esistenza di correlazione tra conflitto e adattamento, bensì cercando di comprendere il significato che esso viene ad assumere per i bambini. Le risposte dei bambini agli episodi conflittuali derivano, prevalentemente, dalla loro sicurezza emotiva anziché da una elaborazione cognitiva della situazione.
Il concetto di sicurezza emotiva si riferisce alla qualità affettiva ed emotiva delle relazioni vissute dal bambino con tutti i componenti della famiglia e guida i processi di elaborazione primaria ed elaborazione secondaria. Un bambino emotivamente insicuro della relazione tra i suoi genitori, infatti, può percepire il conflitto come più pericoloso (elaborazione primaria) rispetto a un bambino sicuro, fiducioso nella risoluzione del conflitto e nella disponibilità psicologica dei genitori. In secondo luogo, l'insicurezza emotiva può agire sul tipo di coping (elaborazione secondaria) determinando una minore capacità di far fronte alla situazione conflittuale. A volte il conflitto non si esaurisce nemmeno con la separazione. Ci sono coppie che tendono a mantenere un legame di invischiamento distruttivo, continuando ad alimentare il conflitto. Spesso ricercano attraverso la conflittualità giuridica un risarcimento personale per le ferite e le umiliazioni di cui ritengono esclusivo responsabile il coniuge.
Identità e separazione
La separazione può essere vissuta come "evento critico" poiché pone in discussione il senso delle scelte fatte e l'identità personale.
Ognuno dei coniugi ha elaborato un'immagine di sé attraverso l'assunzione del ruolo coniugale e genitoriale, di conseguenza separarsi significa mettere in discussione questa immagine e affrontare la difficoltà di ridefinire se stessi come persone che possono contare solo sulle proprie risorse, dopo anni in cui si sono condivise decisioni e responsabilità.
La separazione/divorzio è un processo che comporta diverse fasi tra cui le reazioni di rifiuto, negazione e depressione, attivazione delle risorse e graduale ri-adattamento. Inizialmente diventa difficile accettare la propria parte di responsabilità e l'altro viene individuato come unica causa del naufragio del matrimonio.
Tutti i bambini figli di genitori separati devono fare l'operazione di integrare dentro di sé le due figure genitoriali che nella realtà sono scisse. C'è il papà con il suo mondo e la mamma con il suo, ma una separazione conflittuale mina alla base questa possibilità di integrazione da parte del bambino. Inoltre, il bambino, a volte, può trovarsi esposto a dinamiche relazionali che lo possono danneggiare quali:
- Strumentalizzazione del bambino. Il figlio diviene strumento, mezzo di un genitore nella lotta contro l'altro. È importante evidenziare che in tali situazioni, il legame affettivo più intenso per il genitore affidatario rimane quello con l'ex coniuge. Esempio: madri che fanno saltare i week-end del figlio ancora piccolo con il padre. Il coniuge che si è allontanato ha inferto un dolore intollerabile e per questo deve essere punito. Il bambino appare come "longa manus" del genitore e ha il compito di controllare la vita del coniuge.
- Svalutazione. L'ex coniuge è percepito come una persona indegna, così cattiva da non poter essere accettato nemmeno come un genitore. Prevale il bisogno di definire l'inadeguatezza pedagogica dell'altro per potersi percepire come buon genitore. I bambini non vengono così legittimati nella possibilità di avere un buon rapporto con l'altro genitore e quindi di potersi liberamente muovere dal mondo del papà a quello della mamma e viceversa.
- Utilizzo compensativo. Per il genitore che non accetta la separazione perché è una ferita profonda alla sua autostima, e magari rimette in luce ferite del passato legate alla storia con i propri genitori, il bambino assume una valenza compensativa. Esempio: ragazzo affidato al padre. Il figlio per il padre era diventato l'unica ragione di vita, rappresentava tutto ciò che aveva; aveva modificato orari di lavoro in funzione del figlio... Un bambino a cui viene affidato un compito così gravoso com'è possibile che deluda il genitore? Questo comportamento può però portare a una compromissione del processo di separazione-individuazione.
- Rifiuto di un genitore. In genere si tratta del rifiuto per il genitore non affidatario ma può anche esserci quello del genitore affidatario. Il rifiuto è il segnale che il conflitto è andato avanti fino al punto in cui il bambino è stato tagliato a metà, il conflitto non è stato governato, non è stato gestito tanto che il bambino è arrivato al punto, per la sua sopravvivenza emotiva, di schierarsi, fare una scelta che di solito comporta lo schierarsi con il genitore che apparentemente sembra garantirgli soddisfazione ai suoi bisogni. Nei bambini piccoli, il rifiuto si presenta spesso indirettamente sotto forma di somatizzazioni.
- Introduzione di un nuovo partner. Dove non c'è stata una sufficiente elaborazione della separazione, il fatto che uno dei due trovi un compagno e lo esponga alla relazione con il bambino, viene vissuto dall'altro con il timore di essere sostituiti nella funzione genitoriale.
A volte la reazione del genitore "espulso" è quella di abbandonare il campo oppure di riprendere la conflittualità giuridica. Vi è il forte rischio che le risposte negative si cronicizzino, se i genitori non vengono aiutati a tener conto del percorso che - anche silenziosamente - il bambino va compiendo, quindi sono utili interventi di aiuto e sostegno per aiutare i genitori a sintonizzarsi con i propri figli e per elicitare le risorse dei bambini.
sintesi di Alessandro Bruni
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